di Federico Sartori
Padre Maurizio Balducci è un missionario comboniano, attualmente attivo nell’equipe nazionale GIM, Giovani Impegno Missionario, che ha vissuto gran parte della sua esperienza missionaria in Uganda, dove è stato responsabile della pastorale nella parrocchia di Lira. Non saprei se definirlo un italiano con il cuore in Uganda o un ugandese prestato per un po’ all’Italia. Personalmente lo ritengo un amico e una persona molto attenta alle problematiche ambientali, missionarie e giovanili e quindi con grande piacere gli ho rivolto alcune domande:
Padre Maurizio sei stato per tanti anni in Uganda come la descriveresti in poche parole?
“L’Uganda è un Paese splendido, dove abita gente tanto bella. Veramente la Perla dell’Africa sotto la maggior parte dei punti di vista. Per me è “casa” avendoci passato quasi metà della mia vita. Come la maggior parte dei Paesi africani sta avendo cambiamenti molto rapidi e non sempre per il meglio purtroppo. Stiamo vivendo un momento fortunato di pace; ma questo non significa che ci sia un reale rispetto dei diritti umani. Trovandosi al centro della zona dei grandi laghi, soffre anche di troppe mire geo-economiche politiche che lo rendono instabile”.
Cosa pensi sia la Missione adesso?
“Indubbiamente la missione sta avendo trasformazioni epocali. È passato il tempo pionieristico dove c’era tutto da fare e la gente era vestita solo…della propria pelle. Adesso nella maggior parte dei Paesi c’è una classe dirigente più o meno preparata e onesta, con cui bisogna rapportarsi. I tre aspetti basilari della missione: educazione, sanità ed evangelizzazione, oggigiorno, nella maggior parte dei casi, sono prevalentemente portati avanti da enti locali. La piaga maggiore è la corruzione e la cupidigia per cui purtroppo sia gli ospedali che le scuole missionarie restano nella maggior parte dei casi le migliori, nel senso che ci si prende davvero cura della persona e non si tratta solo di investimenti che fanno grandi profitti.
Se nel passato le sfide maggiori erano le vaste aree rurali, adesso lo sono i grandi e sovraffollati agglomerati urbani. Le sfide pastorali emergenti sono in primo luogo la preparazione degli agenti laici cui è affidata la maggior parte della mole del lavoro. Ma anche (e collegata a questo) le grandi sfide nell’ambito della giustizia e pace, un coinvolgimento nelle miserie attuali: AIDS, urbanizzazione che crea ghetti, miseria (con scarse possibilità di un lavoro degno) e problemi annessi, quali prostituzione, fragilità delle famiglie e, nonostante tutto, un tribalismo mai superato”.
Tu che lavori da tempo con i giovani cosa pensi che sia il messaggio più importante da dare a loro?
“Intanto, anche se questo stupisce, trovo che i giovani siano assai simili a tutte le latitudini. Fondamentalmente sani, entusiasti e alla ricerca di un loro ruolo. Allo stesso tempo spesso fragili, necessitosi d’affetto e vicinanza. Capaci e creativi son davvero disposti a portare avanti le cose in cui credono lasciandoti magari in asso sul più bello e senza un’apparente ragione, ma…va bene così. Esigono chiarezza e schiettezza, e se questa c’è son capaci di aprirsi profondamente a un confronto.
Dunque il messaggio: c’è posto per voi anche se spesso questo non appare. Gli adulti però possono solo aiutarvi a trovarlo. Non abbiate paura dei vostri sogni, ma seguiteli: cose importanti e vere che spesso non vi daranno soddisfazioni immediate ma che vi realizzeranno. Certamente il miglior datore di lavoro è il Signore che però non si accontenta di mezze misure perché ha fiducia in voi. Non fate gli struzzi ma dimostrate di cosa siete capaci e seguitelo senza troppe remore; anche dove… non vi piace”.
Fede e creato: in poche parole quale dovrebbe essere il rapporto del cristiano con l’ambiente?
“Quando il Papa ha pubblicato la Laudato Si’, qualcuno ha detto che il Papa non dovrebbe occuparsi del creato e della distruzione del mondo che è in atto. Stupefacente, vero? Come dire…non si occupi della vita, della sopravvivenza del mondo, del fatto che la maggior parte dell’umanità non vive una vita degna. E di cosa allora?
Mi sembra che Francesco abbia tracciato linee assai chiare rifacendosi al primo Francesco, il grande maestro. Mi pare che non ci sia altro modo per il cristiano di relazionarsi all’ambiente se non in quell’intuizione geniale di Francesco che è l’Ecologia integrale, non limitata cioè alla salvaguardia dell’ambiente e all’inquinamento, ma anche all’inquinamento morale, allo sfilacciarsi dei rapporti, all’inquinamento orribile delle coscienze che produce sfruttamento e oggettizzazione delle persone.
Difficile farlo senza essere contemplativi, come Francesco lo fu, capaci di stupirsi davanti a un tramonto o a una formica, a un bambino o a un vecchio e, in generale, a tutto ciò che Dio ha amato perché l’ha cercato e voluto.
Contemplare e servire l’uomo e il creato è responsabilità di tutti ma spesso i cristiani sembrano essere superiori a certe inezie…
Padre Maurizio se potessi lanciare un messaggio al mondo con un breve tweet, cosa diresti?
“Come avete visto la brevità non è il mio forte e qui mi chiedete cose grosse. Direi che viviamo in un tempo meraviglioso e tremendo, dove il Risorto continua a creare novità a partire dall’intimo delle persone. Riconosciamo questo, lasciamoci commuovere e…avanti con le maniche rimboccate.
Che il sole splenda dipende SOLO da noi”.