Come essere missionari oggi nel mondo

di Padre Renato Kizito Sesana*

Come essere missionario oggi? Un atteggiamento che il missionario deve coltivare è quello dell’ascolto. Abbiamo l’immagine del missionario che predica, che proclama, magari mostrando il crocifisso nella mano alzata. Per me l’immagine più autentica è quella di una persona che seduta in un luogo d’incontro – che sia il mercato o l’assemblea di villaggio – ascolta. Ascolta. L’ascolto della comunità e poi delle singole persone per entrare in sintonia con loro è il fondamento di ogni annuncio. Anche se fossi missionario nel luogo dove sono nato!

Nella cultura moderna abbiamo ormai fatto diventare il parlare quasi sinonimo di aggredire. Ovunque, dal bar al dibattito politico, bisogna parlare, parlare veloci, sopraffare gli altri con le parole. Raramente si partecipa ad un vero dialogo, che invece è un crescere insieme verso una comprensione più profonda.

Imporre la propria idea è la cosa più lontana che ci sia dalla missione. La missione è rispondere alle domande che le tue azioni suscitano nel cuore delle persone, o alle domande che sono già latenti ed hanno bisogno di ascolto per potersi esprimere. La parola deve venire dopo l’ascolto rispettoso e profondo. La tradizione africana era orale. Proprio perché la parola non era scritta doveva essere pensata e pesata prima di essere pronunciata e poi chi la riceveva l’ascoltava con rispetto e attenzione e, se, era una parola importante, la manteneva in cuore. Uno dei primi insegnamenti che ricevetti quando arrivai in Africa – precisamente a Chipata, in Zambia – fu quello di un anziano prete locale che mi disse: “La catechesi più efficace è quella che si fa ai funerali, che sono il momento più importante nella nostra vita sociale. Al funerale ci sono tutti, di tutte le religioni. Ciò che dirai sarà interiorizzato e ricordato anche dopo molti anni.”

L’ascolto è il primo passo per comunicare. I giovani in Africa imparano ad ascoltare. Ancora oggi resto meravigliato quando mi trovo con un gruppo di giovani, o di bambini, e mentre parlo mi sento addosso gli occhi attentissimi, che sembrano voler bere ciò che sto dicendo. Chi non sa ascoltare non è una persona matura. Anche se è vecchio. Ricordo un missionario anziano che non era tenuto in grande considerazione dalla gente locale, e la cosa mi stupiva, non ne capivo le ragioni. Durante un periodo di vacanza in Canada, sua patria, si era fatto applicare un apparecchio per l’udito e, quando la gente lo seppe, colsi un commento divertito: “Perché si è fatto applicare quella cosa per sentire meglio, che tanto non ascolta mai!?”. Era considerato poco perché ascoltava poco.

Ascoltando gli altri si imparare ad ascoltare Dio, anche nel silenzio. Personalmente le mia chiamata alla missione non è stata il frutto di una illuminazione particolare, o di un evento drammatico, ma una cammino progressivo iniziato mettendomi in ascolto degli altri e di Dio. Mi sono sbandato quando ho smesso d ascoltare. D’altro canto, credo proprio che il cuore della preghiera sia ascoltare Dio, magari dopo avergli detto le nostre richieste e i sentimenti che abbiamo nel cuore.
Papa Francesco è esemplare. Le sue sono sempre parole cariche di ascolto, parole di una persona che ha ascoltato gli altri e Dio, e trasmette cioè che vive.

* missionario comboniano in Africa, giornalista e scrittore, ha fondato la Comunità “Koinonia” e promuove varie attività per il recupero di ex bambini e bambine di strada in Kenya e in Zambia.

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