di Sr. Elena Conforto *
“Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla” (Papa Francesco, 31 maggio 2020 – Pentecoste).
“È ora di tornare alla normalità…” e altre espressioni simili, sono i ritornelli che ascolto spesso in queste settimane e che mi mettono un po’ di inquietudine, perché ci colgo, oltre al desiderio più che giustificato di riacquistare certi spazi e ritmi perduti, anche una certa fretta di “archiviare” questo tempo di confinamento per riprendere una “normalità rassicurante”.
Ho più volte pensato che l’onda di tsunami, che ci ha travolto con la pandemia e che ancora sta colpendo altre popolazioni del pianeta, ci ha dato un tale scrollone che ci dovrebbe obbligare a riformattare anche il nostro concetto di normalità e portarci a pensare diversamente la vita: il modo di lavorare, di sfruttare e impiegare le risorse ambientali, di vivere le relazioni, di pregare e vivere in comunità…
Abbiamo trascorso mesi difficilissimi e di grande sofferenza. Durante il confinamento obbligato tra le mura domestiche abbiamo dovuto cercare nuovi modi per occupare le nostre giornate, nuovi linguaggi per comunicare e trasmettere sapere, nuove modalità di sentirci Chiesa… Abbiamo vissuto il dolore per la perdita di persone care. Tutti portiamo ancora nel cuore e nella mente le immagini del convoglio militare uscito di notte dalla città di Bergamo con le salme che non si potevano più seppellire e nemmeno cremare.
Ci siamo commossi con la testimonianza di medici, infermieri e sacerdoti che hanno dato letteralmente la vita per stare accanto a chi soffriva. C’è stata anche una gara di solidarietà e di volontariato che speriamo non si interrompa nemmeno nei prossimi mesi ma continui a sostenere famiglie e imprese in difficoltà a risollevarsi. Il covid infatti ha lasciato dietro sé una scia di povertà grande! E benché i media ci mostrano un’Italia preoccupata con la riapertura di piscine, bar, ristoranti, spiagge, l’Italia che non si ferma, l’Italia della movida… c’è però anche chi ha fame, chi fa la fila al Monte dei Pegni…
A quale normalità vogliamo tornare?
Abbiamo appena celebrato la memoria di Maria, Madre della Chiesa. La liturgia ha proposto l’icona di Maria ai piedi della croce. Nel Vangelo di Giovanni si dice che Gesù, prima di morire, affida al discepolo amato sua madre, chiedendogli di accoglierla con sé. Sotto la croce “nascono nuove relazioni”, non caratterizzate dall’appartenenza per sangue o gruppi di potere ma da nuovi vincoli.
Anche noi siamo stati ai piedi della croce in questo tempo, senza poter fuggire da essa (benché forse lo volessimo!); abbiamo cercato di dare un senso ai tristi avvenimenti e abbiamo scoperto che l’umano dolore genera nuove relazioni di solidarietà e apre a nuove risorse prima insperate
Ci sia davvero possibile far tesoro di questi mesi, perché non siano trascorsi invano!
* Suor Elena Conforto, mmx @Elena_Conforto
Articoli correlati: Suor Elena da Parma: «Troviamo un senso per continuare a sperare»