Il commento al Vangelo del 12 luglio, XV domenica del tempo ordinario, a cura di Don Pierluigi Nicolardi*
Forma breve. Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,1-9) – Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Parola del Signore
In questa domenica, XV del tempo ordinario, l’evangelista Matteo ci riporta la parabola cosiddetta del buon seminatore. In realtà, Gesù non parla della buona prassi di un seminatore; così fosse, avrebbe raccontato dell’accortezza del seminatore nello spargere il seme nei luoghi dove era più certa la riuscita della semina. Gesù, piuttosto, introduce la parabola del Regno con queste parole: «Il seminatore uscì a seminare».
Se il Regno dei cieli è simile al seminatore, allora significa che tale seminatore non si preoccupa del dove viene sparso il seme, ma di spargerlo. Fuor di metafora, il seminatore è immagine dello stesso Cristo; egli, infatti, non si cura di scegliere i luoghi della semina della Parola. Gesù esce dalla casa, immagine dei luoghi delle nostre abitudini, quasi una sorta di confort zone, per prendere il largo nel mare della storia; qui annuncia e sparge il seme della parola in ogni dove, senza riserve.
La Chiesa ha sempre creduto che in ogni contesto si trovano i cosiddetti semina Verbi, i semi, cioè, che Gesù ha sparso in tempo, luogo e cultura e che, talvolta, sono finiti in terreni poco accoglienti, ma potenzialmente pronti a portare frutto.
L’attenzione della parabola, allora, viene spostata da Gesù dal seminatore al terreno, da sé che annuncia, a coloro che sono destinatari del seme della sua Parola. Gesù ci invita a cogliere il dono che, copioso, ci raggiunge sempre e comunque in qualsiasi situazione noi ci ritroviamo e a rispondere nella responsabilità.
Gesù non lesina di annunciare, direbbe S. Paolo «in modo opportuno e non opportuno» (2Tm 4,2); a noi decidere che terreno essere. Possiamo essere duri e refrattari come l’asfalto o un terreno pieno di rovi che soffoca ogni annuncio. Possiamo però lasciare che lo Spirito dissodi le zolle del nostro cuore e ci renda fertili e accoglienti fino a portare frutto.
La vita cristiana, nel suo percorso verso la santità, è il tempo/spazio che si apre davanti a seguito del dono di Dio. A noi la responsabilità di accogliere tale dono e di portarlo a frutto, nonostante le difficoltà che – come nei diversi terreni – la nostra esistenza può trovare. Tuttavia non demordiamo e non perdiamoci d’animo: la Parola di Gesù è così potente che può fare sorgere la vita anche dove tutto sembra dire il contrario.
* Presbitero della diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca, Amministratore Parrocchiale di «S. Antonio da Padova» in Tricase (Le), Direttore dell’Ufficio Diocesano per la Famiglia e AE di zona AGESCI «Lecce Ionica».