«Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello» (Mt 18,15-20). Commento al Vangelo del 6 settembre, XXIII domenica del tempo ordinario, a cura di Don Pierluigi Nicolardi*
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18,15-20)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Parola del Signore
Il brano del vangelo di questa XXIII domenica del Tempo Ordinario ci apre uno squarcio sulla prassi penitenziale della Chiesa delle origini. Riportando alcuni detti di Gesù, l’evangelista Matteo intende dare alcuni strumenti pratici per vivere la misericordia all’interno della comunità cristiana, indicazioni e strumenti che abbiamo bisogno di recuperare anche noi.
Anzitutto – afferma Gesù – se c’è qualche problema tra te e tuo fratello, prendi tuo fratello tra te e lui solo e parlagli perché tu possa guadagnare tuo fratello. Gesù introduce e ci insegna la correzione fraterna, cercando di indicare a noi un modello di comunità segnata non già dalla tolleranza, bensì dall’amore reciproco e dalla carità operosa. Lo stesso san Paolo ci dà una indicazione importante; nella lettera agli Efesino scrive: «Non tramonti il sole sopra la vostra ira» (Ef 4,26). L’apostolo ci invita a non lasciarci sopraffare dall’ira, a non lasciare che passi il tempo e incancrenisca i rapporti fraterni, fino a distruggere le stesse comunità.
Se il fratello continua a perseverare nell’errore – ricorda Gesù – chiama con te una o due persone, ossia ammoniscilo di fronte ad alcuni testimoni perché possa comprendere il valore delle sue azioni e possa ravvedersi. Insomma, siamo invitati a non arrenderci di fronte alle chiusure di coloro che ci avversano, ma piuttosto a insistere nel tendere la mano e offrire la nostra misericordia.
Non basta! Se il fratello, dice Gesù, persevera ancora nella colpa, allora chiama la comunità. Nelle comunità cristiane delle origini era prassi la cosiddetta penitenza comunitaria; non si trattava di esporre la persona al pubblico ludibrio, bensì accompagnare i fratelli e le sorelle che hanno vissuto qualche difficoltà riconducendoli alla riconciliazione con Dio e con la comunità.
Anche papa Francesco ha ammonito spesso la comunità cristiana esortandola ad abbandonare il pettegolezzo: «La lingua, le chiacchiere, il pettegolezzo – afferma il papa – sono armi che ogni giorno insidiano la comunità umana, seminando invidia, gelosia e bramosia del potere. Con esse si può arrivare a uccidere una persona. Perciò parlare di pace significa anche pensare a quanto male è possibile fare con la lingua».
Il Signore ci invita ad essere comunità che si edificano nella carità, a non vanificare la misericordia e ad insistere nel perdono al fine di guadagnare i fratelli e le sorelle. S. Paolo, forte di questa consapevolezza, afferma: «mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1Cor 9, 22). Anche noi facciamoci tutto a tutti al fine di edificare le nostre comunità nell’amore.
* Presbitero della diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca, Amministratore Parrocchiale di «S. Antonio da Padova» in Tricase (Le), Direttore dell’Ufficio Diocesano per la Famiglia e AE di zona AGESCI «Lecce Ionica». Autore di Terra e Missione