Uganda. Dominique Corti: «Il coronavirus si sta diffondendo. Ma l’esperienza di Ebola ci ha resi più forti»

La missione del Lacor Hospital, uno dei più grandi ospedali no-profit di tutta l’Africa orientale. Dominique Corti ci racconta l’impegno per fronteggiare l’emergenza coronavirus

di Anna Moccia

Quando si arriva al St. Mary’s Hospital Lacor, ospedale ugandese situato nel distretto di Gulu, ci si trova davanti al ritratto di Lucille Teasdale e Piero Corti, i coniugi e medici che lo fondarono, raffigurati con Matthew Lukwiya, giovane medico che nel 2000 sinfettò e perse la vita insieme ad altri 12 operatori sanitari, quando il virus Ebola colpì l’Uganda. Oggi è il coronavirus a preoccupare la popolazione locale. Secondo i dati ufficiali, in Africa è stata superata la soglia di un milione di contagi, oltre 25mila sono morti e, sebbene in Uganda attualmente i casi siano contenuti – 3.288 casi totali e 33 decessi -, la situazione è resa drammatica dal lockdown, che amplifica le diseguaglianze e la povertà.

Ritratto di Piero Corti, Lucille Teasdale e Matthew Lukwiya all'ingresso del Lacor Hospital in Uganda
Ritratto di Piero Corti, Lucille Teasdale e Matthew Lukwiya. Crediti Foto: Samuel Moro

Lockdown e restrizioni

«Il divieto di mezzi di trasporto come i boda-boda, le mototaxi utilizzate dalla maggiorparte delle persone più povere, sta rendendo molto difficili gli spostamenti – ci racconta Dominique Corti, presidente della Fondazione Corti, che sostiene l’ospedale -. È di pochi giorni fa la notizia della morte per emorragia post-parto di una giovane donna, moglie di un dipendente del Lacor a cui ci stringiamo in un abbraccio di sentite condoglianze. La giovane donna, già mamma di tre bambini, aveva partorito in un centro sanitario non lontano da casa, ma il parto si è complicato e quando è riuscita ad arrivare al Lacor non si è potuto fare nulla per salvarla».

Le ferree misure di lockdown hanno portato, almeno nei primi mesi, anche a un crollo degli accessi negli ospedali. «La gente, spaventata e bloccata nei villaggi, a lungo non si è recata nelle strutture sanitarie. Lacor compreso – continua Dominique Corti -. Se a gennaio di quest’anno i ricoveri sono stati 2.266, ad aprile erano scesi a 1.165 per poi risalire in luglio a 1.762. Solo ora, a distanza di sei mesi, i numeri di pazienti dell’ospedale sono risaliti fino a raggiungere i tre quarti della capienza possibile».

Dall’Ebola al Coronavirus il Lacor in prima linea

Di certo il St. Mary’s Hospital Lacor di emergenze ne ha dovute affrontare molte, tra dittature, conflitti armati, povertà estrema, l’epidemia di Aids e, nel 2000, anche l’epidemia di Ebola, che portò alla morte di 13 membri del personale. Ma oggi è diventato il punto di riferimento per la cura di malattie come la malaria e lAids e lo stesso virus di Ebola, ricomparso nel vicino Congo. Il Lacor cura ogni anno in media 250mila persone con i suoi oltre 700 dipendenti tutti ugandesi, inclusi i medici e i direttori.

«Pur essendo tra i Paesi che hanno avuto più casi di malattia da virus emorragici come Ebola e Marburg, l’Uganda non ha mai perso la propria rete sanitaria sul territorio – sottolinea la presidente della Fondazione -. Ad esempio, quattro anni fa per un caso identificato di Marburg si è riusciti a isolare ben 200 persone in sole 48 ore. Con il coronavirus questo è più difficile perché l’infezione può essere contratta anche da casi che non presentano sintomi, cosa ancor più facile in Uganda dove la metà della popolazione ha meno di 17 anni.

Tuttavia, se la malattia facesse la sua comparsa al Lacor, non ci troverebbe di certo impreparati: nel corso degli ultimi mesi l’ospedale ha cercato di prepararsi a far fronte alla pandemia e lintero reparto di ginecologia, che durante la guerra accoglieva bambini con problemi di malnutrizione, è già stato nuovamente riconvertito per curare pazienti affetti da coronavirus. Abbiamo a disposizione anche un sistema di gas medicali, come l’ossigeno, e 10 letti di terapia intensiva, unici in tutto il Nord Uganda, che fortunamente sono ancora vuoti». [Intervista VIDEO]

  • Sr Fiona, infermiera del Dipartimento di pediatria.
  • Un giovane paziente del Lacor Hospital in tempi di Coronavirus.
  • Il Dr. Venice Omona, direttore del Dipartimento pediatrico.
  • Pazienti del Lacor Hospital in tempi di Coronavirus

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