Dalla cultura della cura una via per la pace

Venerdì 1° gennaio 2021 la Chiesa celebra la “Giornata mondiale della pace” e Papa Francesco lancia l’invito a promuovere la cultura della cura. Riflessione di sr. Elena Conforto*

A partire dagli eventi che hanno segnato il 2020, in modo particolare la pandemia da Covid-19, Papa Francesco ci propone la cultura della cura come percorso in occasione della 54ma Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2021).

Gli avvenimenti dell’anno appena trascorso “ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza”. Il Pontefice ci indica “la cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro”.

Essere artigiani di pace

Non possiamo dimenticare che oltre 80 Paesi nel mondo sono attualmente coinvolti in conflitti, il più delle volte dimenticati e lontani dai riflettori dei mezzi di comunicazione, che danno notizie ormai solo sull’emergenza sanitaria.

È più che mai urgente e attuale l’auspicio di un cessate il fuoco, rammentandoci che “non siamo nemici l’uno dell’altro e che, piuttosto, il nostro comune nemico è un virus instancabile che minaccia la nostra salute, sicurezza, e il nostro stesso stile di vita” (Messaggio ONU, 21 settembre 2020). Occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite. Sono necessari artigiani di pace pronti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia (cfr FT 225).

L’invito del Papa per questa giornata è rivolto a rivedere la nostra vita e le nostre scelte, a partire dall’esperienza quotidiana della cura e della fragilità, perché siamo persone fragili e fragile è anche la stessa creazione.

“Prendersi cura è un modo diverso di pensare il nostro rapporto con la realtà. Diverso dal dominio e diverso dal contratto… è invece un compromettersi con l’altro, un «sopportarlo» che è anche un sollevarlo, un prenderlo in braccio che dà leggerezza a chi compie questo gesto così eccedente rispetto alla logica utilitaristica. Un gesto che ci restituisce il senso di presenza al mondo” (C. Giaccardi e M. Magatti, Nella fine è l’inizio, Ed. Il Mulino, Bologna 2020, p. 131).

Dal dono alla relazione

Nella relazione di cura, vissuta il più delle volte in modo asimmetrico, perché c’è normalmente chi ha un bisogno e chi se ne fa carico, sono vari gli interrogativi che sorgono: “come sta?” “cosa serve?” ma soprattutto “di cosa mi parla?”. Siamo infatti donne e uomini vulnerabili e alla ricerca di un senso da dare agli accadimenti, soprattutto a quelli più sconvolgenti e violenti per attraversarli e integrarli. Siamo in grado di gratuità e “capaci di cogliere e serbare il senso. In scambi «al limite dell’impossibile» dove amore e giustizia si scoprono nel loro intreccio originario, di attesa e destinazione, di dono senza scambio e di obbligazione verso l’altro” (I. Lizzola, Aver cura della vita, Città Aperta Edizioni, Troina – EN – 2002, p. 71).

Papa Francesco dice che lo sviluppo della cultura della cura richiede un processo pedagogico che inizia in famiglia e che riceve supporto da altri soggetti educativi, come la scuola, le università e i mezzi di comunicazione, che sono chiamati a “veicolare un sistema di valori fondato sul riconoscimento della dignità di ogni persona, di ogni comunità linguistica, etnica o religiosa, di ogni popolo e dei diritti fondamentali che ne derivano”.

Il Pontefice conclude ribadendo che in questo tempo, nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede a fatica in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, “il timone della dignità della persona umana e la bussola dei principi sociali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e comune”.

Elena Conforto, missionaria Saveriana

* Sr. Elena Conforto, mmx  @Elena_Conforto
Missionaria di Maria-Saveriana @Elena_Conforto

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