Il 19 marzo 2021, festa di San Giuseppe, inizia l’Anno della famiglia “Amoris Laetitia”, voluto da papa Francesco. Federico e Francesca, genitori “adottati” dalle loro otto figlie in Tanzania, ci raccontano la bellezza e la ricchezza della loro famiglia missionaria.
“Come nuova Nazareth, possa la vostra famiglia portare la pace e la gioia di Dio!”. Suor Eme, ruandese, collaboratrice di S. Madre Teresa di Calcutta, da oltre 30 anni formatrice delle Suore Missionarie della Carità, ci regala questa benedizione meravigliosa prima della nostra partenza per la Tanzania. Nonostante la pandemia, infatti, abbiamo ricevuto il dono di poter trascorrere il Natale, il Capodanno e l’Epifania in Tanzania, con la nostra grande famiglia: le nostre otto figlie, che Madre Teresa stessa ci ha donato la notte in cui è volata in Cielo (a quel tempo non sapevamo ancora che le ragazze orfane cresciute nel suo centro a Dar Es Salaam ci avrebbero poi adottato come genitori), e i nostri bimbi – ormai adolescenti – della VeV Children’s Home di Kisinga.
Il distretto di Makete, in Tanzania, è tra le zone del mondo più colpite dall’AIDS ed è lì che, nel villaggio di Kisinga, abbiamo aperto una casa-famiglia per bimbi orfani, con la nostra amata sorella Deborah Koko che se ne prende cura.
Ogni anno cerchiamo di celebrare il Natale tutti insieme, organizzando una riunione di famiglia a Dar Es Salaam e/o a Kisinga. In Tanzania gli studenti vivono a scuola, in collegio, e le vacanze di Natale sono l’occasione migliore per ritrovarci tutti insieme, almeno per qualche settimana. La famiglia è così numerosa che che per spostarci abbiamo bisogno di un bus.
Camminando lungo gli imprevedibili sentieri di Dio, ci siamo ritrovati ad essere “genitori adottati”. Quindici anni fa abbiamo creato Venite e Vedrete (VeV), una piccola associazione dedicata ai giovani in cerca di senso e di profondità.
Attraverso la musica, la fotografia, il teatro, il servizio in carcere e negli ospizi, l’incontro con i migranti ed i senza fissa dimora, le riunioni, le pizzate, i tanti weekend e le settimane insieme nei luoghi più belli della fede – da Romena a Camaldoli, da Assisi a Casignano, da Fonte Colombo al Cerbaiolo – i gemellaggi con i Ra.Mi. di Assisi ed il Centro Missionario della nostra diocesi di Porto e S. Rufina, negli anni oltre duecento giovani italiani hanno percorso insieme a noi le strade stupende della spiritualità cristiana, incontrando maestri-amici come don Gigi Verdi, frei Carlos Acacio, padre Francisco De Maria, don Fabio Rosini, suor Elizabeth Ribeiro e tanti altri e scoprendo la bellezza del Vangelo vissuto.
Così, per introdurre i giovani alla vita missionaria, è iniziata anche la nostra avventura di famiglia missionaria, dapprima in Brasile, poi nel Borneo indonesiano ed in Tanzania, dove abbiamo accompagnato centinaia di ragazzi e ragazze italiani in itinerari di scoperta della fede e dove siamo rimasti a nostra volta invischiati nella vita missionaria.
Fin dal primo momento in cui è sbocciato il nostro amore, ormai trent’anni or sono, il nostro desiderio più profondo è stato quello di essere uno strumento dell’amore di Dio, che ci ha messo insieme. Abbiamo sognato di dedicare la nostra vita al servizio del Suo progetto di costruire tra gli uomini una civiltà dell’amore.
Nel tempo, abbiamo pensato che questo desiderio potesse concretizzarsi anche nell’essere genitori biologici, o genitori adottivi. Non avevamo invece considerato l’ipotesi di diventare “genitori adottati”, di essere cioè scelti da ragazzi e ragazze che hanno preso l’iniziativa di diventare nostri figli.
In Tanzania la gente ci chiama “baba wa wote”, o “mama wa wote”, cioè papà e mamma di tutti: genitori adottati da una moltitudine di figli, con una discendenza ‘numerosa come i granelli di sabbia’. In verità, a noi frequentatori di Scritture doveva venire presto in mente un caso esemplare di genitori adottati: Giuseppe e Maria, adottati da Gesù; la famiglia di Nazareth, citata nella benedizione di Suor Eme, in cui i genitori sono stati scelti dal Figlio ed in cui i legami non sono di sangue, ma di amore.
I nostri figli e le nostre figlie ripetono sempre: “family is not about blood, family is about love”. È verissimo. E noi siamo testimoni di innumerevoli conversioni. Si converte all’amore chi ha l’occasione di osservare da vicino la nostra famiglia e la bellezza dell’amarsi davvero, senza obblighi, in modo puro perché disinteressato, famigliare perché accolto senza essere cercato, donato perché originato da un dono. Soprattutto, l’amore che ci lega è il motore primo di incredibili storie di resurrezione.
I nostri figli e le nostre figlie hanno alle spalle un passato difficilissimo ed indicibile, di morte, di abbandono, di miseria, di violenza, di malattia. Eppure tutti loro, nessuno escluso, sono protagonisti di resurrezioni straordinarie. Ciascuno di loro è diventato un punto di luce. Ogni ferita si è trasformata in una feritoia da cui filtra una luce di speranza. Ogni storia ed ogni resurrezione illuminano i percorsi delle persone che ci incontrano.
Amarci l’un l’altro è una sorgente di ispirazione per il mondo che ci circonda. Non c’è alcun merito in questo, è semplicemente l’accoglienza del sogno di Dio di una vita famigliare altra, di legami basati sul donarsi – ciascuno come può e quanto può – di un continuo muoverci verso l’ultimo posto per cedere il primo posto all’ultimo. Poter vivere in questo modo è un grande privilegio; ma è alla portata di tutti: basta accogliere i sogni che Dio fa su ciascuno di noi, che sono sempre infintamente più grandi e più belli dei nostri.
Francesca Chinappi e Federico Santi
© Riproduzione riservata