La Creazione è dono, eredità e missione. Fra Giuliano Santoro approfondisce il senso di sette parole presenti nella Bibbia, che possono aiutarci a rinnovare la relazione con Dio e la Creazione.
di Fra Giuliano Santoro, OFM*
Settembre è il mese in cui la Chiesa celebra il Tempo del Creato: inizia il 1° settembre con la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, istituita da Papa Francesco nel 2015, e termina il 4 ottobre, con la festa di San Francesco d’Assisi, autore del famosissimo Cantico di Frate Sole, che con la poesia racconta la bellezza della creazione come opera di Dio. Le prime pagine della Scrittura sono ricche di bellezza ma anche di mistero. Non sono delle storielle, ma un racconto in cui la storia sfuma nel mito. Chi ha scritto la Genesi questo lo sapeva, perciò ha inserito in un unico racconto la creazione dell’uomo e di tutto ciò che lo circonda, tutto insieme perché tutto e connesso! Il mondo non è fatto di elementi autonomi l’uno dall’altro, ma è pieno di fili che legano le cose le une alle altre e formano un’opera d’arte piena di bellezza.
La prima parola che incontriamo nel Libro della Genesi è proprio “in principio” (bereshit). Il testo non dice “nel” principio (non c’è l’articolo determinativo “il”) ma semplicemente in un principio, indeterminato e fuori dal tempo. Il primo momento ci sfugge, si fa mistero. Esso ci interroga sulle origini del creato ma allo stesso tempo si nasconde e si fa desiderare. Queste pagine ci raccontano il senso della Storia (e della storia di ogni vita), solo che chi le ha scritte non erano dei filosofi, ma uomini che per spiegare le cose dovevano raccontarle con delle immagini che, in questo capitolo, diventano molto suggestive. Un invito: se vuoi, leggi il primo capitolo della Genesi senza voler capire tutto subito con la mente, ma come se fosse una poesia, lasciando che le immagini e le parole tocchino il cuore. Non cercare subito i significati, ma lasciati toccare dalle emozioni.
La seconda parola è barà’, che in italiano si traduce creò. Essa segue immediatamente il termine bereshit ed indica l’azione di Dio. L’inizio della Bibbia, quindi, è dedicato alla Vita. Creare è il verbo che indica la prima azione di Dio, la sua creatività, così forte e potente da dare la vita. Nella Bibbia è solo Dio che crea, solo Dio può fare qualcosa di così forte e potente. La creazione indica un cambiamento radicale, che è capace di stravolgere il caos di una terra “informe e deserta” (Gen 1,2) per portarla alla bellezza e all’armonia. Più volte, infatti, Dio vede che ciò che ha creato è buono o bello. Così è anche nelle nostre relazioni con gli altri e con l’ambiente: Dio – se lo facciamo entrare – trasforma il caos in bellezza.
Questo ci conduce alla terza parola: bello (tov). Dio vede il mondo e noi, attraverso il suo sguardo, vediamo la bellezza di questo capolavoro. Il senso non è in un romanticismo smielato, ma indica una bellezza profonda delle cose: non è solo bello, ma anche buono e utile. Inoltre, dobbiamo fare attenzione a ciò che manca: di niente viene detto che è male, così come nulla viene distrutto, ma Dio rispetta la bellezza di ogni cosa, lasciando che tutto si dispieghi nella libertà. Questa bellezza si sviluppa dall’insieme di cielo e terra alle piccole cose. Alla fine del primo capitolo, nel sesto giorno della creazione, compare l’umano. Quando l’intera opera di creazione è compiuta, piena di vita e di bellezza, tutto appare ai suoi occhi come “cosa molto buona” (Gen 1, 31).
La quarta parola viene pronunciata da Dio stesso nel sesto giorno: umano, adam (Gen 1,26). Cosa sia l’umano la Bibbia non usa una definizione da dizionario, ma preferisce raccontarlo. L’umano è innanzitutto creatura; poi è figlio; infine è fratello. Egli, infatti, è creato da Dio, e di Dio porta l’immagine (cosa che rende ancora più profonda questa relazione); è sia padre che figlio di altre persone, perché Dio benedice l’uomo e la donna e dice loro di moltiplicarsi; infine non è figlio unico, ma anche fratello di altri uomini e donne. L’umano è caratterizzato dalla diversità: io, quindi, sono chiamato/a ad accoglierti nella mia vita come diverso/a da me, proprio a causa del nostro essere tanti e diversi.
Quando Dio crea l’umanità, la vede già nella ricchezza della differenza. La quinta parola, infatti è costola (tselà). Siamo nel secondo capitolo della Genesi (versetti 21-22), nel momento in cui viene creata la donna. Questo termine, però, più che indicare una precisa parte del corpo, si riferisce al lato (o fianco) di un oggetto qualsiasi. Questo cambia tutto! La prima differenza che Dio crea nell’umanità è quella tra uomo e donna che, quindi, sono fianco a fianco, come due alleati. Questa prima differenza è l’esempio di ogni altra differenza del genere umano: non divide per creare gruppi sociali più potenti di altri, ma per l’alleanza reciproca dell’umanità in una grande fraternità universale. L’ultima enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti, conferma questo bisogno di fraternità.
Dio consegna la creazione nelle mani dell’umanità, sottoponendola al suo dominio (in Gen 1,28 viene usato il verbo radàh). Questo dominio appartiene a tutta l’umanità, non ad un singolo uomo o ad un gruppo ristretto. Esso ha uno stile tutto particolare, perché è simile al dominio che Dio esercita sulla creazione: non distrugge, ma è creativo; benedice e non maledice; sceglie il bene, e non il male; parla e non urla; dona la vita, e non la morte. C’è un altro indizio: l’umanità e tutti gli esseri viventi si nutrono solo di vegetali, non c’è bisogno di cacciare e quindi di uccidere – è un mondo di vegetariani. Questo significa che non c’è violenza nel progetto di Dio, ma che le relazioni tra l’umanità e gli altri esseri viventi sono caratterizzate dalla mitezza. È questo il senso del dominio affidato da Dio.
Ultima parola è lavoro (eved), utilizzata per descrivere la missione che Dio affida all’uomo (Gen 2,15). L’umano, attraverso questo verbo, entra in un contatto diretto con il suolo, per volere di Dio. Non è il lavoro di uno schiavo, bensì tutta una serie di situazioni in cui il lavoro è dignitoso o ha a che fare con il sacro: è infatti la stessa parola che viene utilizzata per il servizio al tempio. La relazione con la terra, quindi, è sacra… il lavoro ha in sé qualcosa di sacro. Inoltre, questo è lo stesso termine che incontriamo dopo che Adamo ed Eva sono stati cacciati dal paradiso terrestre (Gen 3, 23): in questo modo Dio permette loro di riconciliarsi con la terra, dopo che hanno rubato il famoso frutto proibito! In questa ultima parola, quindi, ci sono il servizio, la riconciliazione, la stessa relazione dell’uomo con Dio che passa attraverso la relazione dell’uomo con l’ambiente che lo circonda.
* Fra Giuliano Santoro è un Frate Minore, attualmente in formazione presso il Convento di Castellaneta (TA). Ha vissuto alcune esperienze di missione in Albania. Svolge attività di animazione missionaria.
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