“Se avessi mille vite, le donerei tutte per la missione”. Così scriveva nelle sue lettere Daniele Comboni, grande missionario e Apostolo dell’Africa, la cui memoria liturgica ricorre il 10 ottobre.
di p. Antonio D’Agostino*
L’Apostolo dell’Africa
Dichiarato santo nel 2003, Daniele Comboni non appartiene più soltanto alla famiglia comboniana, formata da laici, secolari, suore, fratelli e preti, ma a tutti coloro che si riconoscono nel suo carisma e sono pronti a consacrare la loro vita per i più poveri e abbandonati della terra.
Nato nel 1831 in una famiglia di umili origini a Limone sul Garda (BS), dopo aver concluso brillantemente le primarie, Daniele venne accolto nell’Istituto don Mazza a Verona, dove continuò con i suoi studi fino all’ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1854.
Con il cuore rivolto verso i popoli più abbandonati, soprattutto in quanto alla fede in Gesù Cristo, Daniele decise di dedicare tutto se stesso, animato dallo Spirito del Padre, il quale non vuole che si perda neanche uno solo dei suoi figli (Mt 18,14). Il suo motto era “O Nigrizia o morte”.
Così Daniele, mosso dall’amore di Dio che sente che lo ha “consacrato” alla missione in Africa, desideroso unicamente di fare la Sua volontà, dette inizio alla sua vita missionaria che lo condurrà a imprese straordinariamente importanti sia per la Chiesa e sia per l’Africa.
- Rigenerazione dell’Africa: dal 1857 fino alla sua morte, Comboni realizzò 7 viaggi nel cuore del continente nero, tra insidie, lotte e febbri micidiali; così scrive ai suoi genitori: “Dovremo faticare, sudare, morire, ma il pensiero che si suda e si muore per amore di Gesù Cristo e della salute delle anime più abbandonate del mondo è troppo dolce per farci desistere dalla grande impresa”.
- Profonda conoscenza geografica e culturale: Comboni avviò scambi e collegamenti con i maggiori africanisti e con gli esploratori del tempo, spingendosi egli stesso, in mezzo a mille pericoli e avversità, là dove nessuno aveva mai osato farlo, stilando con meticolosa precisione carte geografiche e relazioni su costumi e abitudini di popolazioni allora sconosciute.
- Viaggi di animazione missionaria in Europa: incontrò uomini di governo e i potentati di mezza Europa: dall’imperatore Napoleone III al re del Belgio Leopoldo II a Francesco Giuseppe, smuovendo attenzioni, energie e finanziamenti.
- Fondazione degli Istituti: Il 1° giugno 1867 Comboni fondò l’Istituto per le Missioni dell’Africa, oggi Missionari Comboniani (MCCJ) e nel 1872 l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia, oggi Missionarie Comboniane (SMC).
- La rivista: nel 1872 Comboni iniziò una rivista chiamata ‘Annali del Buon Pastore’, che, una decina d’anni dopo, diventerà l’attuale Nigrizia.
- Promotore di giustizia: Comboni denunciò duramente presso i potentati d’Europa l’ignobile traffico degli schiavi, adoperandosi per il loro riscatto e la loro formazione, e non esitò, con realismo politico ed ampie vedute, a stringere legami di amicizia con i capi turchi, egiziani, i grandi pascià e muftì di questi luoghi arabizzati, e a prendere contatti persino con i più sanguinari schiavisti; “Le qualità di un buon battitore e mendicante sono tre: prudenza, pazienza, impudenza”, scrive; “la prima mi manca, ma perbacco la supplisco a meraviglia colle altre due, e soprattutto con la terza”.
Da tutto ciò possiamo comprendere che per Comboni l’amore della sua vita era l’Africa che lui chiamava Nigrizia.
Finalmente, il 10 ottobre del 1881, appena cinquantenne e letteralmente consumato dalle fatiche e dalle febbri tropicali, Comboni moriva a Khartoum – Sudan – con una certezza nel cuore: “Io muoio, ma la mia opera non morirà”. Pronunciate sul letto di morte, sembrano le parole di un povero illuso, espressione di un pio quanto vano desiderio. Sono invece una profezia. Quando Comboni muore, i suoi missionari sono solo 35: 14 in Sudan, 5 al Cairo e 16 a Verona. Le suore 41, di cui solo 22 professe.
Pochi mesi dopo, la bufera della rivolta mahdista in Sudan sembra spazzare per sempre tutto ciò che è stato costruito in anni di fatiche: missioni distrutte, padri, fratelli e suore prigionieri del Mahdi, alcuni morti… Insomma, un vero disastro! …ma il seme caduto nel solco è buono, e dopo la tempesta rispunta, proprio come aveva detto Comboni: “Le opere di Dio nascono e crescono ai piedi della Croce”.
Comboni ebbe come unica passione la Nigrizia definita “sua sposa”; nei volti dei fratelli e sorelle della Nigrizia incontrò lo stesso volto di Gesù crocifisso, il quale si identifica con gli esclusi della terra, e accettò il Suo invito a occuparsi di loro, promovendo la loro liberazione spirituale e sociale.
Da allora, la famiglia comboniana è cresciuta, sempre con un occhio di preferenza all’Africa, ma allargandosi poi in Europa, America del nord e America Latina e fino all’Asia.
Una sfida per noi
Da quanto detto, ne emerge il ritratto di un uomo che ha sacrificato tutto se stesso per la rigenerazione dell’Africa, declinata nel senso dell’evangelizzazione e della promozione umana (civilizzazione, si diceva allora) dei popoli dell’Africa centrale. In una epoca in cui gli africani erano presentati come subumani, privi di storia e di cultura, senza scienza, religione e morali, Comboni escogita il suo Piano per la rigenerazione dell’Africa con l’Africa (1864), perché è convinto che i protagonisti di questa trasformazione saranno gli stessi africani, desiderosi di una vita nuova, di una vita da vivere in pienezza, e il sogno di un mondo nuovo, più umano, fraterno e giusto.
La Chiesa ha molto da imparare dalla vita di Daniele Comboni. Si parla di cambiamenti profondi, di giustizia, di liberazione integrale dell’uomo, ma quanti di noi sono disposti a rischiare e a pagare di persona? In molti casi sembra che la parola abbia sostituito l’azione. Si proclama un ideale a voce alta, si grida, ma poi tutto muore.
San Daniele Comboni ci insegna che, per cambiare il mondo, non basta parlare, gridare, denunciare; occorre, invece, donarsi a un ideale, lottare e fare causa comune con quanti vengono ridotti a scarti umani.
Fosse tra noi oggi, Comboni ci consegnerebbe questo messaggio di incoraggiamento:
“Come me, anche voi oggi vivete in un’epoca fortemente polarizzata e dominata da grandi potenze economiche che generano povertà e disuguaglianze, risultato di condizioni strutturali ingiuste e disumanizzanti. Vi invito a non mollare, a fare vostro il sogno di Gesù di Nazareth che oggi più che mai è presente con il suo Spirito nel cuore e nelle scelte pastorali di Papa Francesco che lotta instancabilmente contro le ideologie e i privilegi dei ‘potenti’ e contro i nuovi colonialismi che generano nuove schiavitù e scarti umani. E ricordatevi sempre che: Quello che siete e avete vi è stato donato per essere condiviso!”
Buon cammino missionario!
Scarica l’infografica: Sulle tracce di Daniele Comboni
* P. Antonio D’Agostino è missionario comboniano, attualmente in Italia e impegnato nella Pastorale Giovanile a Padova. Come esperienze di missione all’estero, ha vissuto 10 anni in Africa, tra Uganda e Kenya, e 14 in Ecuador, dove ho anche conseguito la laurea in antropologia.