“Quel giorno, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni”. Una Festa di nozze, ovvero la Festa dell’amore per eccellenza, è l’evento che segna l’inizio della Vita Pubblica di Gesù e la manifestazione della Sua Gloria. Vangelo e commento della II Domenica del tempo ordinario (Anno C) a cura di suor Anna Marini, Missionaria dell’Immacolata – Pime in Guinea Bissau.
Dal Vangelo secondo Giovanni 2, 1-11
Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».
Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le giare»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Effatà. il Vangelo diventa podcast
Il segno delle nozze di Cana
Nel suo quarto Vangelo, Giovanni narra l’esperienza di Dio come un incontro, o meglio l’Incontro per eccellenza, basta notare appunto come arricchisca di particolari minuziosi i dialoghi intensi che nascono fra Gesù ed i suoi interlocutori (Nicodemo, la Samaritana, Marta e Maria, Pilato …). Il Prologo ben sottolinea, in forma poetica, questa volontà relazionale che risiede da sempre nel cuore di Dio. Nel mistero del Natale riecheggia in noi questa Parola: “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. In Cristo, Dio riempie di significato la parola “Incontro”, accorcia le distanze, si fa prossimo, in una battuta potremmo dire che Dio “è Colui che scommette sulla relazione”.
Dio non ha paura di toccare la nostra carne, per questo sceglie di farsi prossimo e raggiunge ciascuno con la sua cura. In Cristo, Dio accetta la sfida della Reciprocità. La Relazione, sappiamo, è sempre un’esperienza di “uscita da sé” ed è attraverso un’esperienza così carica che ciascuno accetta la sfida di consegnarsi all’altro. E’ l’Amore che muove ad uscire da sé, ed è in un contesto carico di gioia e amore che Gesù si manifesta pubblicamente per la prima volta. Giovanni, potremmo dire, è per eccellenza l’Evangelista della Relazione, e quindi dell’Amore.
Il Miracolo di Cana è il primo, anzi dovremmo definire il principio dei segni compiuti da Gesù nel testo giovanneo. La sapienza teologica di Giovanni ci invita a chiamarli segni piuttosto che miracoli, attribuendo agli stessi il potere di “manifestare” la Gloria di Dio. È per questo che nella Liturgia della Festa dell’Epifania, che celebra la manifestazione di Dio alle Genti, leggiamo nell’antifona del Magnificat una chiara allusione al Miracolo di Cana: “Tre prodigi celebriamo in questi giorno santo: oggi la stella ha guidato i Magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia”.
“Quel giorno, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni”: è interessante notare che una Festa di nozze, ovvero la Festa dell’amore per eccellenza, è l’evento che segna l’inizio della Vita Pubblica di Gesù e la manifestazione della Sua Gloria non solo agli invitati di un banchetto nunziale, ma agli stessi discepoli.
Già, in Gesù, Dio si manifesta nella gioia di un sì, nell’amore fra due sposi, nell’allegria di una comunità che si riunisce per una grande occasione, nella sinfonia di una danza ebraica che fa da sfondo ai festeggiamenti. Il Dio con noi, l’Emmanuele, non sceglie di iniziare la sua vita pubblica tra celebrazioni liturgiche e canti gregoriani, tutt’altro: Egli si fa prossimo ai momenti più quotidiani di una comunità, di una famiglia, di una cerchia di amici. E’ anche questo il lato di Dio che ci spiazza e ci lascia senza parole: in Cristo, Dio sceglie di farsi partecipe della ordinaria quotidianità della gente.
Questo Dio che precede, che abita “le occasioni feriali e festive” di un popolo, che fa di tutto, nel silenzio, perché la gioia non venga meno è il Dio di cui faccio esperienza nella terra della Guinea Bissau, dove parole come “Festa e Ferialità” si riempiono di significato. È attraverso la convivialità di un pasto o negli incontri ad una festa che tocco con mano come Dio abiti il quotidiano. In queste occasioni sempre Egli si fa presente nella condivisione di una tigella di riso, che a volte non basta per saziare tutti, ma chiunque sia lì presente sarà il benvenuto e ne beneficerà almeno di un boccone!
E queste scene di vita quotidiana mi riportano alla mente una delle definizioni più belle dell’Essere missionari (e come battezzati, tutti lo siamo!), una frase scritta nella prefazione di uno dei primi testi di p. Alex Zanotelli. Alla domanda: “Cosa significa essere Missionari?”, egli risponde: “Essere missionari è sedersi dove si siede la gente e lasciare che Dio si manifesti”. Questo, in fondo, è ciò che accade nella Festa di Cana: Gesù si siede a tavola, ne condivide il cibo e la gioia, coglie la necessità grazie all’occhio scrupoloso di sua madre, che come ogni donna sa anticipare le situazioni! Questo manifestarsi di Dio nella ferialità, lì dove la gente si siede, è quel che accade anche qui in Guinea, dove sono testimone del Suo scegliere di abitare e manifestarsi nella semplicità.
Gesù, a Cana di Galilea, trasforma l’acqua in vino perché la gioia di un banchetto nunziale non venga meno, perché la musica della festa non finisca troppo presto, perché gli invitati a nozze possano continuare a godere di un’atmosfera leggiadra, perché il “sì” di due sposi possa perpetrarsi senza interruzione. A Cana di Galilea, se ci pensiamo, il Signore “riempie fino all’orlo” quella che poteva essere a tutti gli effetti una “mancanza”, una falla organizzativa che avrebbe minato con troppo anticipo la gioia della Festa. Già, fino all’orlo, perché la misura di Dio non è mai quantificabile, non è mai riducibile ad un simbolo matematico… No, la misura del Suo amore per l’uomo sa andare oltre ogni possibilità di calcolo. La misura del Suo amore, a Cana di Galilea (ma ovunque), è sempre: traboccante, rasenta sempre l’orlo, è in quell’abbondanza e in quello spreco che permette a ciascuno di sapersi “custodito da Dio” affinché la propria gioia sia piena!