“Amatevi gli uni gli altri come io vi amo”. La novità del cristianesimo non è l’amore ma imparare ad amare come Lui, il Signore, ci ama. Commento al Vangelo di domenica 15 maggio a cura di fra Luca Santato, missionario Cappuccino in Mozambico.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-35)
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Amatevi gli uni gli altri
Vi do un comandamento nuovo; non uno in più, ma uno che li riassume tutti: “che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”. Alla fine erano davvero troppi. Sono ancora troppi, tra imposizioni, proibizioni, regole del si è sempre fatto così. Alla fine diventano due: uno all’inizio “abitate la terra e custoditela”, uno ai tempi nostri “amatevi gli uni gli altri come io vi amo”. Tutto più facile?
La risposta è nelle nostre mani, nel nostro cuore e nelle nostre menti, nelle nostre scelte quotidiane, di noi chiamati a divenire discepoli di un Dio e Signore che non chiede la nostra obbedienza ma la nostra fedeltà. Non perché asserviti alla sua onnipotenza ma perché sedotti dalla sua bontà. Il servo obbedisce. Il figlio ama.
La novità del cristianesimo non è l’amore ma imparare ad amare come Lui, il Signore, ci ama. È una storia davvero complicata e difficile dove il minimo che ci può capitare è che un po’ tutti sappiamo essere amanti di qualcuno o di qualcosa ma pochi, veramente pochi, sappiamo amare davvero e le nostre fedeltà sono quantomeno fragili, sia verso il primo comando che verso il secondo.
Il nostro pianeta sta letteralmente scoppiando per l’incuria e la violenza con cui lo trattiamo.
Ci vorrebbe più capacità di amare ciò che Dio ci ha affidato.
Siamo diventati più che mai figli della paura e della solitudine, affamati di affetti e certezze che il cuore e la ragione sembrano incapace di darci; crescono paura e solitudine che alimentano l’aggressività.
Abbiamo bisogno di tornare ad essere davvero più umani; è un cammino che ci si impone a tutti; nessuno escluso! Molti tra di noi ci stanno riprovando perché è sempre fertile la terra della nostra anima e perché stiamo scoprendo che non è soltanto il sonno della ragione che genera mostri, anche il venire meno della Fede genera amare solitudini e tristi paure.
Giovanni ci sta parlando dell’ultima cena, Gesù ha appena lavato i piedi ai discepoli consegnandoci la via del servizio. Si è fatto in tutta la sua vita nutrimento per i suoi amici, ora, nel segno del pane spezzato dice ai suoi: “siate il pane che nutre la vita e sazia la fame dei vostri fratelli”; tra poche ore verserà il suo sangue per la vita del mondo.
Giuda è appena uscito; andrà a venderlo per un pugno di soldi. Pietro tra poco proclamerà per tre volte di non conoscerlo, eppure riesce a dire solo parole piene di vita. Sulla croce pregherà il Padre perché ci perdoni tutti ogni volta che, senza sapere quello che facciamo o non sapendo abbastanza la gravità del male che facciamo, condanneremo qualcuno a uno dei tanti patiboli di cui siamo capaci. E a tutti lascia un testamento che vale tutta una vita: “amatevi, amatevi gli uni gli altri, amatevi come io vi amo”.
Cari amici, vorrei che questa breve riflessione non finisse mai, che ognuno di noi la continuasse per conto suo, che avessimo tutti il coraggio, almeno per una volta, di non puntare il dito sugli altri, di non cercare capri espiatori, ma di fare pace con noi stessi, riconoscendo e imparando ad amare, curandole, le ferite, le paure, le solitudini e le aggressività che ci portiamo dentro e che troppo spesso, facciamo pagare agli altri.