Il Vangelo della domenica. La fede che salva

E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». (Lc 17,11-19). Vangelo e commento della XXVIII domenica del tempo ordinario) a cura di sr. Marta Arosio, Missionaria dell’Immacolata – Pime.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,11-19)

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Parola del Signore

Effatà. il Vangelo diventa podcast

Commento al Vangelo

Sono sr. Marta Arosio, Missionaria dell’Immacolata, Congregazione Missionaria legata al PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere). Oggi cercheremo insieme di leggere in chiave missionaria quanto il Vangelo appena letto può dire alla nostra vita. Mi sembra che il tema scelto per questo mese missionario: “Di me sarete testimoni” (At 1,8), già ci aiuti in questo.

Nel Vangelo incontriamo diversi personaggi. Alcuni attori principali, altri che rimangono nell’ombra. Undici sono gli attori, i dieci lebbrosi e Gesù, gli altri: gli abitanti del villaggio, i sacerdoti e i discepoli che regolarmente seguivano Gesù, rimangono come attori nascosti, ma non meno significativi.
Se leggiamo l’insieme delle letture proposte in questa domenica, ci viene presentata una situazione simile anche nella prima lettura dove si tratta di Naaman, comandante dell’esercito del re di Aram, che, lebbroso dopo molti altri tentativi accetta di rivolgersi al profeta Eliseo per farsi guarire dalla sua lebbra e ritorna lodando Dio.

Nel brano del Vangelo si tratta non di uno, ma di dieci lebbrosi che, secondo le norme imposte al tempo (si veda Lev 13) non possono avvicinarsi agli altri, sono obbligati a vivere al di fuori, ai margini della società la loro sofferenza fisica e spirituale, e la loro malattia veniva associata alla punizione per qualche terribile peccato commesso. Tutto quindi giocava a loro sfavore. Questi dieci prendono coraggio, forse hanno sentito parlare di questo “guaritore”, Gesù che ha già fatto tanti miracoli al suo passaggio, e anche loro, come Naaman vogliono tentare la loro ultima chance. Come da codice si fermano a distanza e iniziano a gridare: “Gesù, Maestro, abbi pietà di noi”. Gesù sembra affrettarsi, nel Vangelo, infatti abbiamo una parola, quel “appena li vide” che ricorda sempre nel Vangelo di Luca un altro episodio “appena lo vide gli corse incontro, lo abbracciò…”, episodio che ci riporta alla Misericordia del Padre che lava letteralmente via tutti i peccati. Suggerendo di andare a presentarsi ai sacerdoti, Gesù richiama questo lavarsi, perché questo era il rito di purificazione richiesto a chi guariva dalla lebbra, questo era stato anche ciò che Eliseo aveva chiesto a Naaman, immergersi nel Giordano.

Dieci lebbrosi si mettono in cammino non sappiamo se arrivano dai sacerdoti sappiamo però che già lungo il cammino sono purificati. Nove si perdono nella nebbia, uno solo si accorge, vede che è guarito, che qualcosa in lui è cambiato e torna lodando a gran voce Dio, avvicinandosi a Gesù, fino a prostrarsi ai suoi piedi per ringraziarlo del miracolo avvenuto in lui. Gesù dice “Alzati e va’, la tua fede che ti ha salvato!”, ma rimprovera gli altri nove, anch’essi purificati… Gesù sottolinea fortemente anche un altro particolare: colui che ritorna è l’unico straniero del gruppo, un Samaritano, per giunta.

Mi è capitato diverse volte di non accorgermi delle mie piccole guarigioni interiori ed esteriori tanto sono abituata alla Grazia che abita la mia vita. All’inizio del mio cammino di formazione religiosa spesso mi fermavo a contemplare la bellezza della guarigione che il Signore mi stava offrendo, dei bei momenti vissuti, lo ringraziavo dell’entusiasmo della missione che ha messo nel mio cuore e che mi spingeva a lodarlo per i benefici ricevuti. Sono passati un po’ di anni da quei giorni e, forse, ora ogni tanto mi ritrovo anch’io come quei nove, incapace di vedermi guarita. Allora mi vengono in mente le persone incontrate in missione, in nord Africa, in un Paese musulmano, capaci di ringraziare anche nei momenti più bui, di dire “al-hamdulillah”, “lode a Dio”, anche quando tutto nella loro vita andava storto, davanti alla morte di un caro, alla scoperta di una malattia incurabile, ad un bambino disabile grave, alla fatica di ogni giorno.

“Sia lode a Dio”, “Ringraziamo il Signore”, dire questo ogni giorno, non per ripetere parole vuote, ma per dare senso alla nostra fede, alle nostre giornate, alla nostra vita. Ritornare con il cuore a ringraziare Dio, riconoscere che il cambiamento avviene se è nel nostro cuore. Essere testimoni di quella Grazia che lavora misteriosamente lungo il cammino, ancora prima di raggiungere la meta, che quella purificazione, quell’immersione nella misericordia del Padre, nel suo abbraccio, è già nella nostra vita, presente, a noi sta riconoscerla e tornare lodando Dio per renderne testimonianza a tutti e raggiungere con la nostra testimonianza il cuore del mondo perché il “Appena lo vide gli corse incontro…” di questo noi possiamo essere testimoni!

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