Padre Giuseppe Ambrosoli: il medico missionario sarà beato

La beatificazione di padre Giuseppe Ambrosoli sarà celebrata il 20 novembre 2022 in Uganda, dove il missionario comboniano ha speso la sua vita.

di Redazione

Nella parrocchia di Kalongo del Nord Uganda, precisamente nel polo medico di quella che fu un’antica missione comboniana dell’East Acholi, domenica 20 novembre si terrà la cerimonia di beatificazione del missionario comboniano Giuseppe Ambrosoli. Proprio lì padre Giuseppe aveva iniziato la sua esperienza missionaria il 19 febbraio 1956.

Padre Giuseppe ha portato al massimo splendore le due perle di Kalongo: l’ospedale e la Scuola Ostetriche, sovrastati dal blocco basaltico denominato “got oret” (montagna spaccata) e protetti dalla sagoma, ora allargata, della prima chiesa di Kalongo. Una bella storia missionaria di sacrifici e di passione quella della missione di Kalongo. “Una storia di relazione” – afferma il postulatore generale P. Arnaldo Baritussio in una nota diffusa dai missionari comboniani.

“Ognuno lo sentiva fratello, padre, confratello, sorella, madre, confidente. Ognuno si sentiva assolutamente accolto, come se per lui nessun’altro esistesse al mondo. Da maestro chirurgo quale era, si faceva insegnante generoso e paziente, intransigente solo se vedesse faciloneria, ma subito dopo amico comprensivo nascondendo e riparando sbagli altrui, anche molto gravi, senza infierire con giudizi, con critiche, con riferimenti deprezzativi, pungenti o umilianti. Mai! Se questa non è santità!”

Vita di Giuseppe Ambrosoli

Giuseppe Ambrosoli nacque a Ronago (Como) il 25 luglio 1923, da Giovanni Battista Ambrosoli e da Palmira Valli, la nota famiglia dell’industria del miele e affini.

Sentì presto la vocazione alla vita missionaria. Per questo, dopo il liceo, scelse di frequentare la Facoltà di medicina e nel 1949 entrò tra i missionari comboniani. Le motivazioni di fede gli permisero di lasciare tutto per Cristo senza tentennamenti e senza rimpianti: una condizione agiata e un futuro legato alla professione medica che lasciavano intravedere una carriera brillante.

Dopo la prima messa, celebrata a Ronago il 18 dicembre 1955, il 1° febbraio 1956 partiva per l’Uganda, con destinazione Gulu. Da qui si sarebbe trasferito a Kalongo, il 30 giugno 1961.

All’ospedale di Kalongo passerà tutta la sua vita missionaria. Esattamente 31 anni, dal 19 febbraio 1956 al 13 febbraio 1987. In questo arco temporale, molteplice fu la sua opera, svolta con la collaborazione di personale religioso e con forze laiche, locali e straniere. Oltre all’Ospedale di Kalongo, che con lui alla guida assunse sviluppo e fama notevoli anche fuori dai confini dell’Uganda, nel 1959 fondò sempre a Kalongo la Scuola per Ostetriche e la St. Mary’s Midwifery School; nel 1972 poi inserì nell’area del suo ospedale anche gli ospedali per Hanseniani di Alito e Morulèm e infine nel 1979 riuscì a far sì che la sua struttura sanitaria facesse parte del Programma Ugandese del Dipartimento per la Cooperazione e lo Sviluppo (Ministero degli Affari Esteri).

La sua opera fu conosciuta e stimata, e soprattutto costituì un punto di riferimento qualitativo per tutta la zona centro-orientale dell’Africa. La sua dedizione senza riserve divenne trasparente nel momento più drammatico: il 13 febbraio 1987, nel pieno della guerra civile che flagellava il Nord Uganda, padre Giuseppe fu costretto per ordine militare a evacuare l’ospedale in sole 24 ore. In quella situazione drammatica i collaboratori lo sentirono dire: “Quello che Dio chiede non è mai troppo”.

Dopo aver messo in salvo a Lira il personale medico e i malati, padre Giuseppe riuscì a salvare anche la scuola di ostetricia. Ma questo sforzo minò irreparabilmente la sua salute già precaria: il 27 marzo 1987, appena 44 giorni dopo l’evacuazione dell’ospedale, morì per una crisi renale, pochi minuti prima che arrivasse da Kampala l’elicottero inviato in suo soccorso. Riposa a Kalongo accanto all’ospedale che porta il suo nome.

Per sua intercessione è stato compiuto il miracolo richiesto per la beatificazione. Lucia Lomokol, una donna ugandese di 20 anni, il 25 ottobre 2008 stava per morire di setticemia, dopo aver perso il figlio che portava in grembo. All’ospedale era arrivata troppo tardi e allora uno dei medici, vista l’impossibilità ormai di alcuna terapia, le aveva posto sotto il cuscino l’immagine di padre Giuseppe invitando i familiari a invocare il “grande dottore”. Quella donna guarì in un modo scientificamente inspiegabile.

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