A 12 mesi dall’invasione che ha scioccato l’Europa e il Mondo intero, ci chiediamo ancora: quando e come finirà questa “guerra-terremoto”? Dichiarazione dei Missionari scalabriniani presenti in Europa e Africa.
La guerra è come un terremoto a lunga durata che produce migliaia di vittime umane, macerie dovunque e milioni di profughi in cerca di rifugio “fuori casa”, ormai distrutta. Le città ucraine sono distrutte. Le infrastrutture che dovrebbero garantire luce e riscaldamento sono sistematicamente bombardate. In un anno i soldati ucraini e russi morti sul campo sono quasi 150mila (numeri vicini ormai ai 170mila caduti, tra militari americani e talebani, in vent’anni di conflitto in Afghanistan). Le vittime civili sono 7mila secondo le Nazioni Unite.
Più di otto milioni di ucraini, soprattutto donne e bambini, hanno lasciato l’Ucraina, altri 5,3 milioni sono sfollati internamente. Molti di loro sono stati accolti nei Paesi vicini, Polonia, Repubblica Ceca e Moldavia, ma anche in altri paesi UE come Germania e Francia, con una grande apertura all’accoglienza che non sempre però si estende anche ai rifugiati che arrivano da altre parti del mondo.
L’Italia, in questo primo anno di guerra, ha accolto circa 175mila ucraini, di cui circa 50 mila sono comunque rientrati in patria, e ha speso 754 milioni di euro per la loro assistenza sanitaria, l’ospitalità negli alberghi, il contributo di sostentamento per chi ha trovato una sistemazione autonoma, le spese dei Comuni per i servizi sociali, i minori non accompagnati, l’accoglienza nei Cas (centri di accoglienza straordinaria) e l’accoglienza diffusa tramite gli enti del Terzo settore.
Con il protrarsi della guerra l’Unione europea ha già prorogato di un anno, al 3 marzo 2024, il periodo d’emergenza per l’accoglienza degli Ucraini e anche il nostro Paese dovrà deliberare l’allungamento degli interventi e stanziare ulteriori risorse stimate in 600 milioni di euro per un altro anno.
Ora, a 12 mesi dall’invasione che ha scioccato l’Europa e il Mondo intero, ci chiediamo ancora: quando e come finirà questa “guerra-terremoto”? Alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina, il presidente russo Putin lancia in TV una “cosiddetta” “operazione di mantenimento della pace”. Quella stessa notte il presidente ucraino Zelensky parlando, in russo, alla sua gente e ai vicini russi, invocava la pace con queste parole: «Ci uniscono 2mila chilometri di confine, siamo fratelli. Eppure, le vostre truppe ci stanno circondando, accerchiando. Molti di voi hanno parenti in Ucraina, avete studiato nelle università ucraine, avete amici ucraini… Fermatevi…».
Dopo un anno di attacchi, contrattacchi, morte e distruzione ci accorgiamo che le parole, pur importanti, non bastano e questa terribile “guerra-terremoto” non finirà a breve, specie se si realizzeranno le fosche previsioni di un imminente grande attacco russo e di un contrattacco ucraino di primavera, grazie alle nuove e più potenti armi inviate da Stati Uniti, NATO e UE.
La logica della forza si considera soddisfatta solo con la sconfitta definitiva di una delle parti in causa. Ed è questa attualmente la logica che si sta imponendo. È forse arrivato il momento del compromesso negoziale, come propone il centenario filosofo Edgar Morin, mettendo le basi, a breve termine, per una “pace senza vincitori né vinti col Donbass condiviso tra russi e ucraini e la Crimea demilitarizzata”.
Se una soluzione simile potrà essere ricercata da Putin (e dalla Cina) e Zelensky (e i suoi sostenitori occidentali) lo vedremo nei prossimi mesi, ciò non risolve la questione di “costruire la convivenza pacifica a lungo termine”.
In effetti, quando il conflitto russo-ucraino sarà passato, nel mondo non saremo al riparo da nuove aggressioni unilaterali e da nuove risposte difensive che, col tempo, si trasformano in offensive globali… come potrebbe avvenire tra Cina e Taiwan.
L’attuale conflitto russo-ucraino ha messo in evidenza tutta l’impotenza dell’ONU e della sua fragilità strutturale nel gestire le relazioni internazionali, anche conflittuali, basate sul diritto di veto di alcune potenze che dispongono di armamenti nucleari, cui tutti gli altri dovrebbero sottomettersi per paura della distruzione nucleare.
Anche in questo caso, se si vuole tendere ad una pace negoziale a lungo termine bisognerà mettere in atto una reale politica di de-nuclearizzazione militare globale, capace di sostituire la logica della paura (e della forza) propria di interessi individuali-nazionalisti con la logica (dialogante) della convivenza e dell’interesse comune.
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