Quando carcere vuol dire disperazione

Un suicidio in carcere ogni 5 giorni: la drammatica linea di tendenza che non permette cadute di attenzione

di Redazione

Aveva 28 anni, e sarebbe uscito tra sei mesi, il prossimo aprile, il giovane che si è suicidato ieri, 29 ottobre, nella Casa circondariale di Caltanissetta, dove era detenuto dal luglio del 2021, poco più di due anni fa.

Con la sua morte salgono a 54 le persone detenute che si sono tolte la vita dall’inizio del 2023: una media di un suicidio quasi ogni 5 giorni, talvolta con successioni molto rapide, come è accaduto per gli ultimi due casi, avvenuti nell’arco di 24 ore.

È una linea di tendenza che soltanto un ottimismo ingenuo può far pensare abbia segnato, con quello di ieri, l’ultimo caso dell’anno. È una linea di tendenza che si è manifestata costante, nei numeri, negli ultimi cinque anni: a esclusione del 2022 con il picco tragico di 85 i dati dal 2018 indicano una costante di suicidi in carcere intorno ai 60. Una costante che, considerato il numero odierno, alla fine di ottobre, rischia pericolosamente di essere di nuovo superata.

A questo conto, in cui ogni caso ha un nome e un vissuto di drammaticità e di fragilità rimasto sostanzialmente inascoltato, devono aggiungersi i ‘morti per causa da accertare’, giacché spesso gli accertamenti riconoscono nel suicidio la causa della morte: sono 21 dall’inizio dell’anno.

Il Garante nazionale, nel suo studio sui suicidi negli Istituti penitenziari, pubblicato ad aprile di quest’anno, ha posto in evidenza la consistenza di un fenomeno complessivo che non può ritenersi un elemento marginale, circoscritto nel mondo chiuso del carcere, ma che ha la fisionomia di un problema sociale: nello scorso anno, infatti, il tasso di suicidi in carcere è stato superiore di 18 volte a quello dei suicidi nella società esterna.

Le risposte e la ricerca di soluzioni non sono certamente semplici e investono l’intera collettività e i suoi fondamenti culturali se, come abbiamo segnalato in più occasioni, sono numerosi i casi di suicidio che si verificano nelle prime settimane di detenzione e anche numerosi quelli a poco tempo dall’uscita dal carcere, magari dopo una lunga detenzione: delle 54 persone che si sono tolte la vita in carcere quest’anno fino ad oggi, 3 sarebbero uscite entro la fine dell’anno, 5 nel 2024, 3 entro i primi mesi e 2 alla fine. È assai difficile, per non dire improprio, connettere questi atti di disperazione alle condizioni della vita detentiva, soprattutto se sperimentate per molto tempo e se si è prossimi a lasciarle. Più serio è ricondurle a quella mancanza di prospettive e a quello stigma sociale che attende spesso chi esce dal carcere, di cui tutta la società esterna è responsabile. Per questo interrogano tutti noi.

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