Gesù, “commosso nel profondo” dalla sofferenza intollerabile del lebbroso, rivela che Dio ha un cuore di madre, un cuore che trabocca di tenerezza di fronte alla miseria e alla sofferenza degli uomini. Meditazione sul Vangelo di domenica 11 febbraio a cura di Don Reginaldo Cordeiro, SDB Membro del Settore per le Missioni Salesiane.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,40-45)
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Commento al Vangelo di domenica 11 febbraio 2024
Il Vangelo ci mostra come, in Gesù, Dio va incontro ai suoi figli, vittime dell’esclusione e tende la mano con amore, li libera dalla loro sofferenza, li invita a integrarsi nella comunità del “Regno”. Dio non è d’accordo con la discriminazione e denuncia, come contrari ai suoi progetti, tutti i meccanismi di esclusione dei fratelli.
Messaggio
Un lebbroso – un uomo malato, emarginato dalla comunità del Popolo Santo di Dio, considerato peccatore e maledetto – prende l’iniziativa di andare da Gesù. Gli echi dell’annuncio del “Regno” erano giunti alle sue orecchie e sentiva aprirsi uno spiraglio di speranza. Decide di correre un rischio: il desiderio di sfuggire alla situazione di miseria e di marginalità in cui è precipitato lo costringe a superare la paura di infrangere la legge; si avvicina a Gesù senza rispettare le distanze che un lebbroso dovrebbe tenere dalle persone sane. È un atto disperato di un uomo che non può accettare di vivere lontano da Dio e dalla comunità.
Davanti a Gesù, il lebbroso è umile, ma anche insistente (“lo supplicava in ginocchio”), perché l’incontro con Gesù è un’occasione di liberazione che non può sprecare. Non esige nulla, mette tutto nelle mani di Gesù: “Se vuoi…”. L’espressione sembra rivelare la sua assoluta fiducia nella potenza di Gesù. È convinto che Gesù possa aiutarlo a uscire dalla sua triste situazione.
È interessante notare che quell’uomo non chiede di essere guarito ma piuttosto di essere “purificato”. Non è tanto la malattia a pesargli; ciò che non sopporta più è sentirsi sporco, peccatore, in rottura con Dio. Vuole che l’ostacolo che lo priva della comunione con Dio sia rimosso da Gesù.
La reazione di Gesù è assolutamente incredibile, almeno secondo i canoni ebraici… Gesù non si indignò, non se ne andò disgustato, non accusò quell’uomo di infrangere la Legge e di mettere a rischio la salute pubblica ma «ne sentì compassione fino nel profondo» (v. 41).
Gesù, “commosso nel profondo” dalla sofferenza intollerabile di quell’uomo, rivela che Dio ha un cuore di madre, un cuore che trabocca di tenerezza di fronte alla miseria e alla sofferenza degli uomini. Allora, l’amore di Dio reso presente in Gesù si manifesterà in un gesto concreto verso il lebbroso: Gesù tende la mano e lo tocca. Si tratta, evidentemente, di un gesto “umano”, un gesto di affetto che manifesta la gentilezza e la solidarietà di Gesù verso quell’uomo sfigurato dalla malattia e abbandonato da tutti. L’amore di Dio si manifesta come gesto liberante, che salva l’uomo lebbroso dalla schiavitù in cui lo aveva gettato la malattia.
D’altra parte, toccando il lebbroso, Gesù infrange, consapevolmente e deliberatamente, la Legge, denunciando così una Legge che creava emarginazione ed esclusione. Gesù, con l’autorità che viene da Dio, mostra che l’emarginazione imposta dalla Legge non esprime la volontà di Dio. Il gesto di toccare il lebbroso dice, senza mezzi termini, che la distinzione tra puro e impuro sancita dalla Legge non viene da Dio e non trasmette la logica di Dio. Infatti, Dio non discrimina nessuno; ciò che Egli vuole è riunire tutti i suoi figli e le sue figlie in un’unica grande famiglia, la comunità del Regno.
La risposta verbale di Gesù (“Lo voglio: sii purificato!”) non aggiunge altro. Semplicemente conferma, a parole, che, dal punto di vista di Dio, il lebbroso non è un emarginato, un peccatore condannato, un uomo indegno, ma un figlio amato al quale Dio vuole offrire la salvezza e la Vita in pienezza.
Il testo si conclude con l’indicazione che il lebbroso purificato «cominciò a proclamare e a pubblicizzare quanto era accaduto», nonostante il silenzio che Gesù gli aveva imposto. Probabilmente Marco vuole suggerire che chi sperimenta la forza integratrice e salvifica di Gesù diventa necessariamente profeta e testimone entusiasta dell’amore e della bontà di Dio.
Per la riflessione
• Gesù, commosso profondamente da quel lebbroso abbandonato dalla società e dalla religione, ci rivela che Dio ha un cuore di madre, un cuore traboccante di amore per i suoi figli feriti e schiacciati dagli incidenti della vita. L’amore materno di Dio non esclude, non condanna, non prova repulsione; l’amore di Dio purifica, guarisce le ferite, umanizza, salva. Il Dio che Gesù rivela nelle sue parole e nei suoi gesti non è il Dio intollerante, severo, lontano, incapace di comprendere i limiti e le debolezze dell’essere umano; è il Dio dell’amore mai negato, dell’amore che supera ogni limite, dell’amore eccessivo che tutto guarisce e tutto purifica. Qual è il Dio in cui crediamo: il Dio di Gesù che è amore e misericordia o il Dio intransigente e severo che alcuni si ostinano a proporre?
• L’atteggiamento di Gesù verso il lebbroso (così come verso gli altri esclusi dalla società del suo tempo) è di vicinanza, solidarietà, accettazione e accoglienza. Gesù non si preoccupa di ciò che è politicamente o religiosamente corretto, né dell’indegnità di una persona, né del pericolo che rappresenta per un certo ordine sociale, vede solo in ogni persona un fratello che Dio ama e al quale è necessario tendere la mano e anche amare. Come ci comportiamo con gli esclusi dalla società o dalla Chiesa? Cerchiamo di integrare e accogliere gli stranieri, gli emarginati, i peccatori, i “diversi” oppure, con la nostra intransigenza, aiutiamo a perpetuare i meccanismi di esclusione e discriminazione?
• Il gesto di Gesù di tendere la mano e toccare il lebbroso è un gesto provocatorio, veramente profetico, che denuncia una Legge iniqua, che genera discriminazione, esclusione e sofferenza. Con l’autorità di Dio, Egli toglie ogni valore a questa Legge e garantisce che Dio non discrimina nessuno. Nonostante tutto il nostro progresso di civiltà, continuiamo ad avere leggi (alcune scritte nei nostri codici giuridici civili o religiosi, altre non scritte ma consacrate dalla moda, dal politicamente corretto o anche da um’idea distorta della santità di Dio) che generano emarginazione , esclusione e sofferenza. Come discepoli di Gesù, abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere per costruire, in termini legislativi e di comportamento, una civiltà dell’amore e non una civiltà dell’egoismo, dell’esclusione e della condanna del “diverso”?
• Il lebbroso, nonostante il divieto di Gesù, “cominciò a proclamare e a pubblicizzare quanto era accaduto”. Marco suggerisce, in questo modo, che l’incontro con Gesù trasforma la vita di una persona in modo tale che essa non può mettere a tacere la sua gioia per la novità che Cristo ha introdotto nella sua vita e deve darne testimonianza. Siamo capaci di testimoniare, tra i nostri fratelli, la liberazione che Cristo ci ha portato?