Diario di viaggio dalla missione in Camerun

Da Yaoundé a Ngaoundal. Il racconto del viaggio di Terra e Missione alla scoperta dei progetti delle Suore della Carità e delle missionarie dell’Immacolata-Pime in Camerun.

GIORNO #1
Iniziamo il nostro viaggio dalla movimentata stazione di Yaoundé. La cuccetta nel treno è piccola ma funzionale, perfetta per concedersi un po’ di riposo mentre ci dirigiamo verso nord. Nel cuore della notte, insieme a suor Cecile, attraversiamo piccoli villaggi ma fin da subito si viene catapultati in una realtà lontana dal caos cittadino, dove il tempo segue il ritmo della natura.
Il treno sferraglia, salta sulle rotaie, si ferma ogni tanto in qualche villaggio dove la gente del posto accorre per vendere cibo ai viaggiatori mentre le donne dai vestiti multicolori portano elegantemente sulla testa grosse ceste con farina di manioca, alimento che garantisce la sussistenza a tante persone che vivono in condizioni di povertà.
Con fatica ci addormentiamo, ogni volta che il treno si ferma i vagoni saltano letteralmente sui binari, ma ci ritroviamo piacevolmente a guardare una giovane madre africana cullare teneramente il suo bambino.
Dopo ben 12 ore di viaggio, l’alba di un nuovo giorno ci accoglie nella stazione di Ngaoundal.

GIORNO #2
Ed eccoci a Ngaoundal, nella regione di Adamaoua, nel nord del Camerun. È in questo villaggio che le Suore della Carità di Giovanna Antida Thouret, presenti nel Paese africano dal 1987, hanno dato vita al progetto di un centro di formazione femminile con lo scopo di aiutare le ragazze e le giovani madri ad apprendere un piccolo mestiere attraverso la formazione nel cucito.
Ad accoglierci, insieme a suor Cecile, la superiora della comunità, ci sono sr Claudine, sr Christine, sr Elisabeth, sr Lucy e Blanche. Non siamo soli in questa esperienza: da circa un mese sono qui anche Silvia e Giulia, due studentesse dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, partecipanti al programma di volontariato UCSC Charity Work Program. Insieme, condivideremo queste intense settimane di missione, immergendoci completamente nella cultura locale e nelle attività del centro.

GIORNO #3
Questa mattina abbiamo partecipato alla Santa Messa durata circa tre ore, ricca di fede e di amore, di colori e di suoni, di canti e di battimani. È questa l’immagine più bella della Chiesa africana, che avevamo scoperto nel nostro primo viaggio missionario in Malawi e che anche qui conferma la sua straripante vitalità.
I colori vivaci delle vesti dei bambini, che in prima fila cantano e ballano con armonia, si mescolano con quelli degli adulti, che dai banchi seguono la funzione con la stessa partecipazione. Ogni gesto e ogni nota si trasformano in un’espressione corale di spiritualità.
Abbiamo cantato e danzato insieme alla comunità, condividendo la gioia del battesimo di due bambini, sacramento che segna il loro ingresso ufficiale nella comunità cristiana. Questi momenti ci rimarranno nel cuore, cuciti addosso come un abito prezioso. Qui la spiritualità si materializza in un inno alla vita, in tutte le sue forme.
Che festa, Signore, tu cammini con noi.

battesimo in Camerun

GIORNO #4
Questa mattina abbiamo consegnato alle giovani allieve della scuola di cucito nel villaggio di Ngaoundaul tutto l’occorrente per le loro creazioni: forbici, fili, merletti, cerniere, bottoni e anche alcuni set con accessori. All’acquisto dei materiali hanno contribuito anche diverse allieve romane che, in occasione della sfilata di moda che si terrà a settembre, potranno indossare i modelli che realizzeremo in questi giorni.
Nel pomeriggio un giro al mercato insieme a Elisabeth, una delle insegnanti, per acquistare le stoffe che ci serviranno per realizzare gli abiti. Camminando tra le bancarelle è impossibile restare indifferenti all’esplosione di colori che ti circonda, quasi ti sommerge. I colori danno luce e vita all’ambiente, la vivacità degli abiti indossati delle donne che sono lì, le infinite fantasie delle stoffe in esposizione.
Nonostante le estreme condizioni di povertà in cui molti vivono tutti i giorni, il popolo camerunense è fatto di persone che non mollano mai: sono molto disponibili, sorridono sempre, sono curiose di conoscere i “nasara” (bianchi) e non smettono mai di pregare per gli altri e per se stessi. Mentre ci perdiamo tra i sentieri di terra rossa del villaggio, abbiamo pensato alle nostre mamme e a quanto ci sarebbe piaciuto portarle con noi a fare la spesa qui!

stoffe wax camerun

GIORNO #5
Le allieve e le insegnanti stanno lavorando con grande impegno per preparare i modelli destinati alla sfilata di moda che si terrà a settembre a Roma, un evento che celebrerà il gemellaggio straordinario tra le scuole di cucito di Ladispoli e Ngaoundal.
È emozionante vedere come i disegni iniziano a prendere vita, trasformandosi nei primi tagli sulle preziose stoffe acquistate nel villaggio e nella capitale Yaoundé. Gli abiti che realizzeremo non saranno semplici capi di abbigliamento, ma vere e proprie espressioni di personalità, stili e sogni di queste giovani allieve, che condividono con noi le loro speranze per un futuro migliore.
Grazie a questo progetto realizzato insieme alla Fondazione Thouret, ogni ragazza ha ricevuto in dono una macchina da cucire, uno strumento prezioso con cui potrà avviare la propria attività al termine del percorso scolastico. Ogni strato di tessuto accostato con cura e ogni filo che si intreccia rappresentano non solo un’aspirazione che si concretizza, ma anche la testimonianza del potere trasformativo del cucito, che diventa un mezzo per esprimere la propria identità e il coraggio di realizzare i propri sogni.
Non vediamo l’ora di condividere con voi i risultati finali di questo incredibile viaggio creativo. L’appuntamento è per il 14 settembre 2024 nel Giardino Laudato Si’ delle Suore della Carità.

GIORNO #6
Mentre nella scuola di cucito il lavoro procede a pieno ritmo, Silvia e Giulia sono impegnate con l’UCSC Charity Work Program dell’Università Cattolica presso l’ospedale Sainte Jeanne Antide Thouret di GalaGala, punto di riferimento sanitario per circa 95mila persone, senza distinzione di razza, di etnia o di religione.
La struttura sanitaria, aperta otto anni fa dalle Suore della Carità nel centro del Paese africano, provvede all’assistenza sanitaria di una popolazione stremata da malaria, malnutrizione e tubercolosi.
Le due studentesse ci offrono una bella testimonianza dal blocco ostetricia-ginecologia-pediatria:
“L’ospedale Sainte Jeanne Antide Thouret non conosce confini. Ieri il personale ostetrico e infermieristico del reparto di maternità è stato chiamato a rispondere ad una urgenza un po’ insolita: una donna ha avuto le doglie mentre stava lavorando nei campi e, poiché il bambino aveva fretta di nascere, nessuna corsa in ospedale: siamo stati noi a correre da lei. In previsione di possibili complicazioni, l’équipe si è armata di tutto lo strumentario necessario ed è corsa ad assistere la partoriente. Ma una volta giunti sul posto ci attendeva una bella sorpresa: la mamma aveva già dato alla luce una bella bambina. Madre e figlia sono state accompagnate all’ospedale per i dovuti accertamenti che hanno confermato la piena salute di entrambe”.
Quasi un miracolo. Sicuramente, un bellissimo segno di speranza per questo piccolo villaggio del Camerun

GIORNO #7
«Buongiorno, mi chiamo Nadia e sono al Centro di formazione femminile di Ngaoundal. Il mio sogno è quello di diventare sarta. La mia famiglia non aveva abbastanza mezzi per pagarmi la scuola ed è per questo che all’inizio ho scelto questa strada. In realtà, avrei voluto studiare e andare lontano ma visto che non avevamo molte risorse, ho scelto la sartoria. Ma ora ho scoperto che cucire mi aiuta molto.
Adesso posso realizzare i miei abiti da sola e anche quelli per le mie sorelle e i miei fratelli, quindi sono orgogliosa di me stessa. Anche la mia famiglia è orgogliosa di me. Quando sono andata in vacanza a casa di mia madre anche lei è stata fiera di me e questo mi rende felice. Se potessi continuare, mi piacerebbe diventare stilista e modellista».
Oggi, Nadia e le altre ragazze hanno aperto il loro cuore e ci hanno raccontato le loro storie e i propri sogni. A Ngaoundal, il futuro di queste giovani donne prende forma nella piccola scuola di cucito avviata nel Centro di Formazione Femminile dalle Suore della Carità. Le testimonianze di Nadia, Inna, Douala, Esther e Marceline sono una fonte di ispirazione e ci riempiono di gioia.

allieve della scuola di cucito nel villaggio di Ngaoundal, in Camerun

GIORNO #8
Durante questi giorni trascorsi a lavorare con Elisabeth e le ragazze alla realizzazione degli abiti su misura per la sfilata di moda “Fili di Speranza”, ci siamo trovate davanti a una sfida che ha acceso la nostra creatività: come riutilizzare i numerosi ritagli di tessuto avanzati? Ogni frammento, ogni scampolo di stoffa che altrimenti sarebbe finito tra gli scarti, rappresentava per noi un’opportunità, una tela bianca su cui poter esprimere la nostra passione per la moda sostenibile.
Così è nata l’idea di dare una seconda vita a quei materiali, trasformandoli in accessori unici e personalizzati. Abbiamo iniziato a immaginare, progettare e creare una collezione che va ben oltre il semplice riuso: borse eleganti, zaini pratici, cravatte raffinate, foulard leggeri e fasce per capelli.
Abbiamo sperimentato con diverse tecniche, come l’inserimento di dettagli inediti e il patchwork, che ci ha permesso di riassemblare i ritagli in nuovi tessuti originali. Questi accessori non sono solo belli, ma portano con sé un messaggio forte: si può fare moda in modo responsabile, riducendo gli sprechi e valorizzando ogni singolo pezzo di stoffa.
Oggi, guardiamo con orgoglio alle nostre creazioni, consapevoli di aver contribuito, anche se in piccola parte, alla riduzione degli scarti e alla valorizzazione della creatività. Per noi, la bellezza non è solo estetica, ma anche responsabilità. E sapere che ogni pezzo che abbiamo realizzato è unico e fatto con il cuore ci riempie di gioia.

GIORNO #9
Ce l’abbiamo fatta!!!!
Una festa in grande stile per celebrare, insieme alle Suore della Carità, la realizzazione degli abiti che verranno indossati in occasione della sfilata di moda “Fili di Speranza”, che si terrà a Roma il 14 settembre.
È stata una giornata indimenticabile, iniziata con le delizie della cucina locale e continuata tra balli e canti tradizionali che hanno coinvolto tutte le ragazze.
Il momento più toccante è stato la consegna degli attestati di merito alle ragazze e alle insegnanti, un riconoscimento del loro impegno e del talento dimostrato nella realizzazione degli abiti. In segno di gratitudine e incoraggiamento, sono stati anche donati loro anche dei tessuti speciali, che le giovani potranno utilizzare per le loro future creazioni. Questi doni, simbolo di fiducia e speranza, rappresentano un investimento nel loro futuro e nella loro crescita come artiste e come persone.
Per tutte noi, è chiaro che questo è solo l’inizio di un nuovo cammino che speriamo ci vedrà ancora unite, legate da una missione comune: utilizzare la moda come strumento di cambiamento e speranza.
Il viaggio continua ma porteremo con noi i ricordi e gli insegnamenti di queste giornate straordinarie vissute a Ngaoundal, come un tesoro prezioso da custodire.

GIORNO #10
Nell’ultimo giorno del nostro soggiorno a Ngaoundal, abbiamo giocato a calcio con i bambini del villaggio. Perché la missione va oltre quelle che sono le scadenze e i progetti: è soprattutto dono e condivisione della vita con gli altri.
L’Africa non è per tutti. È un mondo da scoprire, e per scoprirlo bisogna essere disposti a dedicare il nostro tempo ad ascoltare i più piccoli.
Nel Vangelo, i “piccoli” sono al centro: “Se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli” (Mt 18,3). E proprio qui, nel piccolo villaggio di Ngaoundal, abbiamo imparato da Suleman, Abdou, Hassan, Mustafa e da tutti altri bambini che la semplicità e la spontaneità possono toccare profondamente il cuore.
Nel tardo pomeriggio, siamo rientrati a casa esausti ma colmi di gioia, portando con noi le immagini di quei volti sorridenti, le urla di gioia e gli abbracci dopo aver segnato un gol e i loro occhi che brillavano di felicità.

GIORNO #11

Ed eccoci arrivati a Yaoundé! Dopo aver salutato Silvia e Giulia, le studentesse dell’UCSC Charity Work Program dell’Università Cattolica, che continueranno la loro esperienza presso l’ospedale Sainte Jeanne Antide Thouret di GalaGala, ci siamo diretti nuovamente nella capitale, dopo un interminabile viaggio in treno di ben 12 ore, per incontrare le Missionarie dell’Immacolata – PIME.
La comunità è composta da 9 suore di diverse nazionalità: Italia, India, Brasile, Bangladesh. In questi giorni visiteremo il dispensario che gestiscono da una decina di anni ma soprattutto ci lasceremo coinvolgere dai loro racconti di vita missionaria, scoprendo come queste instancabili seminatrici del Vangelo vivono la loro vocazione.
Con noi ci saranno anche Camilla e Sara di “Giovani e Missione”, un percorso rivolto ai giovani dai 20 ai 30 anni, incentrato su un’esperienza missionaria.

GIORNO #12
Questa mattina abbiamo visitato il dispensario di Yaoundé, gestito dalle Missionarie dell’Immacolata-Pime. Fondato nel 2000, quando nella zona non esisteva ancora alcun ospedale, il dispensario continua a garantire cure di qualità al maggior numero possibile di persone a costi contenuti.
Il profilo epidemiologico del Paese è dominato da malattie trasmissibili, tra cui HIV/AIDS, malaria e tubercolosi. Inoltre, molte madri e bambini continuano a morire a causa di complicanze durante il parto, spesso eseguito in condizioni igieniche precarie e senza un’adeguata assistenza medica.
Il dispensario offre servizi prenatali e consulenza per le madri, interventi di piccola chirurgia ambulatoriale, assistenza ai malati e formazione multidisciplinare periodica. La struttura comprende anche un laboratorio analisi, servizi di radiologia, cardiologia e di kinesiterapia, una farmacia e un ambulatorio di oculistica.
In questi giorni è stata avviata anche una campagna gratuita di prevenzione delle patologie oculari, che consentirà l’accesso gratuito alle visite oculistiche per persone svantaggiate, sia adulti che bambini. I professionisti saranno a disposizione delle persone più fragili, effettuando controlli essenziali per la salute degli occhi, suggerendo occhiali su misura per correggere eventuali difetti visivi e raccomandando esami oftalmologici più approfonditi se necessario. Un servizio particolarmente prezioso soprattutto per i bambini e i ragazzi, che nelle prossime settimane si apprestano a iniziare il nuovo anno scolastico.

dispensario Camerun

GIORNO #13
Accoglienza, accompagnamento, salute, educazione e integrazione: queste sono le parole chiave dei programmi realizzati dal Centro Sociale Edimar per i ragazzi di strada di Yaoundé, che abbiamo visitato insieme a Daniela Migotto, psicologa e formatrice in Camerun.
Operativo dal 2002 e situato nel cuore della città, vicino alla stazione, il centro è nato grazie all’iniziativa del missionario del PIME, padre Maurizio Bezzi. Oggi, continua a essere sostenuto dal PIME e dalla generosità di associazioni, imprese e privati cittadini. Il progetto educativo e formativo della struttura mira al reinserimento familiare, sociale e professionale di questi giovani, affinché possano abbandonare definitivamente la violenza, la microcriminalità e il consumo di droga. Il nome stesso del Centro ha un forte significato: Edimar era un ragazzo di strada brasiliano che, dopo aver incontrato un’educatrice, decise di cambiare vita. Il suo capo banda non ne fu contento e reagì assassinandolo.
Ogni giorno, circa 100 giovani si rivolgono a Edimar, dove, con l’aiuto degli educatori, si cerca di dare loro l’opportunità di ricominciare.
«Spesso sentiamo un profondo dolore e un senso di impotenza – racconta Daniela – perché non vediamo numeri, ma volti: Jean, Pierre, Amadou… Questi ragazzi ti restano nella mente anche quando torni a casa; cerchi soluzioni, speri nei loro progressi, ma poi li vedi ricadere. Pochi riescono davvero a cambiare strada, ma la sfida è proprio questa: rispettare la libertà umana. È trasformare il gesto di alzare le mani, da segno di resa a simbolo di accoglienza, di libertà. È dire: “Io sono qui con te, ti tendo la mano, ma non ti obbligo; ti amo anche quando la delusione è forte e ti lascio libero di sbagliare, perché non posso vivere al tuo posto”. Un po’ come Dio fa ogni giorno con noi».

GIORNO #14
Durante il nostro viaggio a Yaoundé, abbiamo visitato il Museo Nazionale, situato nell’ex palazzo imperiale. Questo museo custodisce una ricca collezione di sculture e maschere provenienti da tutto il Camerun, ma il nostro obiettivo principale era approfondire l’origine e il significato dei tessuti che abbiamo utilizzato per creare gli abiti della nostra sfilata di moda. Ci siamo concentrati in particolare sulle stoffe dell’etnia Bamileke.
«Questo tessuto simboleggiava l’appartenenza alla società reale e principesca», ci ha spiegato la nostra guida Sandrine. Una delle figure più rappresentate è «un cerchio che raffigura la dualità del mondo Bamileke, una comunicazione tra i vivi e i morti. Il cerchio si chiude per mostrare che non c’è rottura tra i due e che al centro di tutto sta Dio e non l’uomo».
Nel pomeriggio ci siamo avventurati lungo il fiume Nyong, attraversandolo a bordo di una piroga per raggiungere il maestoso albero di Kossipo, considerato uno degli esseri viventi più antichi del pianeta, con i suoi 1100 anni. La leggenda narra che questo albero millenario non sia solo un luogo di ritrovo per i turisti, ma rappresenti anche un simbolo della tradizione. Ci viene infatti insegnato che è un luogo sacro per gli indigeni che lo utilizzano durante cerimonie e rituali tradizionali.
L’albero è considerato un luogo speciale per coloro che desiderano vedere i propri sogni diventare realtà.

GIORNO #15
Di rientro dal Camerun abbiamo fatto scalo a Casablanca, in Maroccco, dove abbiamo incontrato padre Renato Zilio, missionario Scalabriniano che vive da molti anni tra Casablanca e Rabat. La bella accoglienza marocchina si coniuga sorprendentemente con il carisma scalabriniano di servire Cristo nella persona dei migranti. Costituisce una duplice sfida: migratoria e interreligiosa.
Insieme a padre Renato abbiamo visitato la moschea di Hassan II: è la più grande del Marocco e la terza al mondo dopo la Masjid al-Haram della Mecca e la moschea del Profeta di Medina. La sua grandezza riflette l’importanza della spiritualità nella cultura marocchina, mentre la sua posizione sulla costa aperta simboleggia l’accoglienza del Marocco verso il mondo esterno.
Altra peculiarità di questa cultura è il costante rapporto con Dio. Mentre nella nostra cultura occidentale, spesso ci si ricorda di Dio solo una volta alla settimana, la domenica, qui si prega dappertutto. Ogni città, ogni villaggio si risveglia per cinque volte al giorno all’appello del muezzin: una sinfonia incredibile, corale, quotidiana di tutte le moschee. In terra d’Islam pregare è essenziale. È come l’acqua di sorgente per il deserto.
Seduti al tavolo di un chiosco, con lo sguardo rivolto verso l’oceano, padre Renato ci ha consegnato in dono il suo libro “Dio attende alla frontiera”, pubblicato da EMI nella collana Vita di missione, invitandoci a vivere come donne e uomini di frontiera, come coloro che hanno la lunga pazienza di cucirsi sulla pelle un vestito di terre e di cieli nuovi. Che si abituano a vedere paesaggi differenti, a spaziare nell’orizzonte dell’altro come una normalità. Che vivono a fianco dell’altro con empatia e oltrepassano i confini, nemici dell’umanità.
Alla fine del nostro viaggio, contemplare tutto questo significa riscoprire il medesimo e sempre nuovo volto di Dio: Colui che ti libera da te stesso. Il Dio dell’incontro. Colui che ti attende a ogni frontiera.


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