Il mondo è bello proprio nella sua fragilità che rimanda all’eterno. Che sarebbe una rosa che non appassisse mai? Le creature e tutte le realtà ci gridano: “non sono io Dio!”. Com’è possibile che un cristiano sia attaccato al denaro? Che si aggrappi accanitamente a bellezza e giovinezza? Che si afferri a un ruolo? Che si disperi senza rimedio quando “perde” una creatura?
Meditazione a cura di Teresina Caffi, missionaria Saveriana e biblista
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 13,24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Commento al Vangelo
In quest’ ultima domenica del Tempo ordinario, che sboccherà nella solennità di Cristo Re, Marco ci regala un passo fra i più tosti, perché espresso in un linguaggio apocalittico che apparentemente non ci è più consueto. In esso scompaiono le sfumature e giunge a compimento il confronto fra bene e male con la vittoria del bene, di Cristo Signore, per una diretta sua implicazione. Non però nel senso di un cataclisma punitivo, ma di un annuncio di speranza proprio quando di speranza sembra non ce ne sia più, come il ramo freddo del fico durante la stagione invernale.
Dopo aver annunciato un rovesciamento generale con lo sconvolgimento degli astri, il brano annuncia infatti la venuta del Figlio dell’uomo e il raduno dell’umanità da ogni angolo della terra. E mentre cielo e terra, tutto l’esistente, passerà, qualcosa permane: la solida parola del Figlio. Egli è al contempo “Figlio dell’uomo”, partecipe della nostra umanità, e “Figlio”, Dio con il Padre. Immagine convincente del passare di tutte le cose è l’oscurarsi del sole e della luna, la caduta delle stelle, le realtà fisse che ci permettono di contare giorni, ore e stagioni e dare un nome alle costellazioni.
Il Vangelo di oggi ci invita a un discernimento. È proprio quando confondiamo ciò che passa con ciò che permane che stiamo male e il mondo sta male. A livello individuale ci aggrappiamo ad amori, beni, cultura, ruoli, salute, giovinezza. A livello politico, vogliamo essere i primi in capacità economiche, tecniche, militari. Da questa confusione nascono, in mezzo a fuggevoli gioie, inquietudini, insoddisfazioni, pretese, delusioni, disperazioni. E, nel mondo, guerre e oppressioni.
Chi intravede, nel generale mutare delle cose, ciò che non muta, chi crede che ciò che non muta è l’immenso amore di Dio nel Figlio che ci radunerà come suoi fratelli e sorelle per rivestirci d’eterno, si riconcilia col limite proprio e altrui e sperimenta la verità delle parole di Paolo: «…Il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!» (1Co 7,29-31).
Il mondo è bello proprio nella sua fragilità che rimanda all’eterno. Che sarebbe una rosa che non appassisse mai? Le creature e tutte le realtà ci gridano: “non sono io Dio!”. Com’è possibile che un cristiano sia attaccato al denaro? Che si aggrappi accanitamente a bellezza e giovinezza? Che si afferri a un ruolo? Che si disperi senza rimedio quando “perde” una creatura?
Mentre la vita lo spoglia di tutto, lo sguardo del cristiano si volge oltre e sente “vicino” il giorno del grande incontro: nel quale tutto gli verrà reso, purificato e impregnato di eternità. Chiediamo ai santi di intercederci questa sapienza, in cui solo risiede leggerezza, libertà, gioia, pace e speranza anche nel dolore.