“Dio conosce bene il nostro cuore e ci aspetta al pozzo della Parola per farci grazia, per incontrarci secondo quel linguaggio d’amore che è il più congeniale per ognuno di noi”. Meditazione a a cura di suor Linda Pocher Fma, docente di Teologia presso la Pontificia Facoltà Auxilium di Roma.
Dal Vangelo secondo Giovanni
III Domenica di Quaresima (A)
Forma breve: Gv 4, 5-15.19b-26.39a.40-42
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».
Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Il pozzo e la brocca. Commento al Vangelo
Un uomo e una donna si incontrano, soli, ad un pozzo, accomunati dalla sete. Questa è la scena che la liturgia di questa terza domenica di quaresima ci invita a contemplare.
Il pozzo, nella Scrittura, non è un oggetto come un altro e non è neppure soltanto un luogo tra tanti che appartengono alla vita quotidiana. In un mondo in cui nessuno può permettersi di avere in casa l’acqua corrente, la presenza del pozzo è di vitale importanza per la sopravvivenza del villaggio e diventa inevitabilmente un centro di incontro e di scambio importante. Senza acqua non si può viere, così come non si può vivere soli: il pozzo, perciò, luogo di accesso all’acqua che rende vivibile la vita, diventa facilmente il simbolo delle relazioni fondamentali, senza le quali la vita non ha senso, si inaridisce e muore.
È per questo che, nel libro della Genesi, il primo incontro tra un uomo e una donna destinati a sposarsi avviene spesso presso un pozzo. L’acqua rappresenta plasticamente l’amore che la donna può offrire all’uomo che si lega a lei. Nel Cantico dei Cantici, l’amata invita esplicitamente l’amato a dissetarsi alla sua fonte. Nella rilettura rabbinica del simbolo, inoltre, il pozzo è la Torà, ovvero il luogo in cui Dio in persona aspetta l’uomo e la donna per dissetarli con il dono della sua sapienza.
Se Gesù siede al pozzo ed ha sete, allora, non è soltanto perché il sole splende a picco sul suo capo, nell’ora più calda del giorno. Egli non può togliersi la sete da solo, perché non ha nulla per attingere l’acqua, oppure perché attende qualcuno, che possa, con la sua presenza, alleviare la sua sete di amore, di relazione? E, in effetti, la donna che lo incontra, loro due soli, all’inizio fraintende e pensa che questo straniero le stia facendo delle avances. Anche lei dopo tutto, è molto assetata d’amore!
Non per niente è venuta al pozzo con una brocca vuota. Sperava, però, di non incontrare nessuno, per questo aveva scelto l’ora più calda del giorno, quando gli altri abitanti del villaggio si rintanano in casa, al riparo dal caldo e dalla tentazione del pettegolezzo che, inevitabilmente, suscita una donna che, dopo il quinto marito, continua ancora ad avere sete. La brocca, in effetti, rappresenta la sua ricerca, la sua sete che mai si estingue. Dopo aver incontrato Gesù, però, dimentica la brocca e corre addirittura a dissetare i suoi compaesani. Che cosa è cambiato?
Ogni bambino che viene nel mondo porta con sé una brocca vuota, creata da Dio per essere riempita d’amore. Educare un bambino, accompagnarlo nella sua crescita, significa aiutarlo perché possa riempire la sua brocca d’amore. Solo quando la brocca è piena, l’essere umano diventa capace di riversare amore sul suo prossimo. Secondo Gary Chapman, cinque sono i linguaggi che permettono di riempire questa brocca:
1. Pronunciare parole di affermazione; 2. Dare tempo di qualità; 3. Fare regali; 4. Compiere atti di servizio; 5. Dare contatto fisico. Ogni persona, generalmente, ne privilegia uno o due.
Presso il pozzo di Giacobbe, Gesù si rivela capace di comprendere il bisogno della donna di ricevere una attenzione di qualità. Il gesto di Gesù placa la sete della donna e, allo stesso tempo, la sete di Gesù, che a lei aveva chiesto un piccolo servizio.
Solo l’amore sperimentato trasforma: nel momento in cui Gesù rivela alla donna i suoi peccati, la donna non si sente umiliata, ma liberata, poiché si tratta di una rivelazione che viene dall’amore ed è offerta con amore, senza giudizio.
Dio conosce bene il nostro cuore e ci aspetta al pozzo della Parola per farci grazia, per incontrarci secondo quel linguaggio d’amore che è il più congeniale per ognuno di noi. Ogni volta che questo contatto si rinnova, diventiamo più capaci di amare e di lasciarci amare dalle persone che ci stanno accanto. Ed è proprio questo il frutto più bello che possiamo chiedere e desiderare, nel cammino penitenziale che ci porta a grandi passi verso la Pasqua.
Crediti foto: nopow/Collezione Essentials/Getty Images