Proseguono le reazioni ecclesiali e le richieste di giustizia in merito al recente assassinio di Eduardo Mendúa, leader indigeno del popolo Kofán, in Ecuador.
di Redazione
Nell’ambito dell’Assemblea regionale dei Paesi bolivariani che si è a Quito, in Ecuador, mons. Rafael Cob, presidente della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) e vicario apostolico di Puyo (Ecuador), riferendosi a quanto accaduto, ha affermato che “non si può rimanere senza parole, tanto meno di fronte a un atto di tale gravità”.
Per il presule “è tempo di agire come Chiesa profetica che, in modo solidale, sente il dovere di denunciare questo tipo di crimine che colpisce visibilmente la leadership dei popoli amazzonici”, in particolare dalla Rete Ecclesiale Pan-Amazzonica (REPAM), un’organizzazione direttamente impegnata nella difesa della vita in Amazzonia. “È un dramma di fronte al quale non possiamo tacere”, ha affermato.
Le cause dell’omicidio
Interrogato sui possibili moventi dell’omicidio, il vescovo Rafael Cob non esclude che le continue denunce del leader indigeno sugli effetti dell’estrattivismo in Amazzonia possano esserne la causa. I processi industriali condotti dalle imprese transnazionali impegnate nello sfruttamento di risorse come il petrolio e le miniere, sia legali che illegali, non fanno altro che minare le risorse che appartengono ancestralmente ai popoli amazzonici; questi ultimi sono generalmente vittime di confinamento, esproprio dei loro territori e sfollamento forzato, dopo essere stati costretti a fuggire dai loro territori.
“Inviare sicari per eliminare una vita è condannabile da ogni punto di vista. Chiediamo giustizia, chiediamo che l’omicidio di questo leader indigeno non resti impunito”, ha affermato ancora mons. Cob.
Le reazioni ecclesiali
Il delitto del leader Eduardo Mendúa potrebbe aggiungersi ai fattori che da altri punti di vista hanno influito sul riavvicinamento tra i popoli indigeni e il governo ecuadoriano. Tuttavia, il presule ha assicurato che è importante mantenere il dialogo, consapevole che forse i progressi raggiunti non sono sufficienti, ma per il bene comune è necessario agire in modo equilibrato. “Chiediamo che venga ascoltato il popolo, la gente, e che si alzi la voce di fronte a qualsiasi ingiustizia, ma anche che si cerchino strade che non portino alla violenza ma che invitino a una riflessione costruttiva senza smettere di pensare al dolore degli altri”.
L’invito di Rafael Cob sottolinea che “chiedere giustizia non significa generare altre situazioni di maggiore violenza ma vivere in un mondo pacifico, al di là delle nostre differenze e che possiamo contribuire al bene comune e alla pace nel Paese”.
Rivolgendosi alle famiglie colpite, il presule ha espresso la sua solidarietà e vicinanza a coloro che soffrono per questo crimine, lamentando l’atto criminale che offusca il cammino di una famiglia che si affida alla volontà e alla compagnia di Dio in questi momenti di dolore.
(Fonte: www.repam.net)