Mostra di disegni realizzati dal missionario comboniano Ezechiele Ramin, oggi servo di Dio, nato a Padova il 9 febbraio 1953 e assassinato il 24 Luglio 1985 in Amazzonia per aver difeso i diritti degli indios Surui e dei contadini senza terra.
«La vita è bella e sono contento di donarla». Sono ormai passati molti anni dalla sua uccisione a Cacoal, nell’Amazzonia brasiliana, e il ricordo di padre Ezechiele (Lele) Ramin è ancora stupendamente vivo attraverso le testimonianze di chi lo ha conosciuto, di chi ne ha condiviso gioie e dolori, di quanti ancora oggi possono contemplare, tra disegni e acquerelli, immagini che raccontano il suo amore per la missione e per l’Amazzonia.
Padre Ezechiele Ramin non aveva ancora compiuto 33 anni quando sparse il suo sangue nel corso di una missione di pace: il missionario comboniano si era spinto troppo in là nella difesa dei contadini senza terra. Emarginati nel passato come nel presente, depredati ed espulsi dalle loro terre per scomparire nelle immense baraccopoli che fanno da corona all’altare dello sviluppo, i popoli indigeni dell’Amazzonia vivono una profonda analogia con la Passione di Gesù.
Il percorso della mostra
Attraverso la mostra “Passione Amazzonia” possiamo riconoscerci in questa umana fragilità salendo con Gesù al Calvario a partire dalla realtà dei popoli indigeni, ritratti con gli occhi di padre Ezechiele che, nei suoi disegni realizzati negli anni di missione in Brasile, ha saputo delinearne le sofferenze patite ma anche la resistenza di queste genti, capaci di sognare un futuro diverso.
Il percorso della mostra si sviluppa alternando pannelli raffiguranti scene di vita quotidiana dei popoli indigeni a pannelli che rappresentano la Passione di Cristo. Attraverso brevi meditazioni audio e testimonianze scritte, viene proposta una lettura dell’incontro con l’umanità e il creato nell’Amazzonia che, a partire dal contatto con la “densità” della realtà, permette di arrivare a una visione che ne coglie la “trasparenza”, la presenza del Risorto nella storia di questa terra. È un invito ad andare oltre, a cogliere la trasfigurazione della realtà e il suo significato più profondo, che solo uno sguardo e un’esperienza di fede rendono accessibile.
“Sto camminando con una fede che crea, come l’inverno, la primavera. Attorno a me la gente muore, i latifondisti aumentano, i poveri sono umiliati, la polizia uccide i contadini, tutte le riserve degli Indios sono invase. Con l’inverno vado creando primavera. I miei occhi con fatica leggono la storia di Dio quaggiù. La croce è la solidarietà di Dio che assume il cammino e il dolore umano, non per renderlo eterno, ma per sopprimerlo. La maniera con cui vuole sopprimerlo non è attraverso la forza né col dominio, ma per la via dell’amore. Cristo predicò e visse questa nuova dimensione. La paura della morte non lo fece desistere dal suo progetto di amore. L’amore è più forte della morte”.
padre Ezechiele Ramin
La Croce di Cristo e i crocifissi di oggi
La figura del Cristo flagellato, portato alla colonna e poi spogliato delle vesti, è messa in analogia con quella dell’indio guaranì che nel luglio 1980, davanti a Giovanni Paolo II, aveva denunciato l’invasione delle terre indigene. In Gesù inchiodato alla croce risuona il grido della terra e dei poveri ma è anche un richiamo alle responsabilità di fronte agli uomini senza scrupoli, interessati a costruire e vendere strumenti di morte, per guadagnare sulla pelle dei fratelli. Nelle donne presenti sotto la croce ritroviamo quanti si mettono al fianco della lotta pacifica dei nativi per il riconoscimento del diritto all’esistenza.
Ed è nella cura, nella resistenza e nei cammini di liberazione che possiamo riconoscere la speranza della resurrezione. Perché la morte non ha l’ultima parola. Questa è la sfida che l’Amazzonia ci lancia oggi, a noi e al resto del mondo, per trovare insieme nuove strade verso un futuro più umano.
La mostra è curata da:
Fabiano Ramin
fr. Alberto Parise mccj
Anna Moccia
Géraldine Schwarz
Enti promotori:
Missionari Comboniani
Terra e Missione
Movimento Laudato Si’
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