di Redazione
“Don Giuseppe è morto da prete. E mi commuove profondamente il fatto che lui, arciprete di Casnigo, vi abbia rinunciato di sua volontà per destinarlo a qualcuno più giovane di lui”, ha raccontato un operatore sanitario della casa di riposo San Giuseppe di Casnigo (Bergamo) al periodico Araberara.
Il sacerdote 72enne, dopo essere risultato positivo al Coronavirus, ha rinunciato al respiratore di cui aveva urgentemente bisogno per donarlo a un paziente più giovane, malato come lui. Qualcuno che neppure conosceva.
Don Giuseppe Berardelli è morto tra il 15 e il 16 marzo scorso all’ospedale di Lovere, nella diocesi di Bergamo, una delle zone più colpite dal Covid-19 dove finora hanno perso la vita altri 15 sacerdoti.
Coloro che in questa emergenza si chiedono “dov’è la Chiesa? Cosa fa la Chiesa?” possono trovare una risposta nel sacrificio e nel gesto più grande di questo prete: “dare la vita per i fratelli” (1Gv 3,16).
Assomiglia al martirio che settanta anni fa, in un lager, spinse San Massimiliano Kolbe a farsi giustiziare al posto di un giovane padre di famiglia. E a quello di tanti altri missionari che hanno perso la vita nel mondo, di cui 29 solo nel 2019 secondo i dati raccolti da Fides in occasione della Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, che si celebra il 24 marzo.
“Il martirio è l’aria della vita di un cristiano, di una comunità cristiana. Sempre ci saranno i martiri tra noi: è questo il segnale che andiamo sulla strada di Gesù”.
Papa Francesco, 11 dicembre 2019