“Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Vivere questa “Chiesa in uscita” di cui parla Papa Francesco, partendo da noi, dalle nostre scelte, significa vivere “in uscita” permanente da noi stessi per incontrare e donare la vita all’altro, cioè a Dio e in favore dei nostri fratelli.
Commento al Vangelo a cura di Sr. Rosanna Marchetti, Missionaria dell’Immacolata – Pime in Amazzonia.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,30-37)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Commento al Vangelo
Stiamo celebrando la 25esima domenica del tempo ordinario e il Vangelo di oggi ci aiuta a riflettere su due atteggiamenti che sono fondamentali nella vita di ogni discepolo missionario.
Gesù ribadisce la sua volontà che nessuno sapesse i miracoli che compiva. Un segreto difficile da mantenere ma che ci fa riflettere: i miracoli, le grazie ricevute, non sono il centro o l’aspetto più importante della vita terrena di Gesù. Il grande atto di amore, il compimento del progetto del Padre, è il dono della vita.
Gesù annuncia la sua morte e la sua risurrezione: questo gesto di amore è la rivelazione più completa dell’Amore del Padre per l’umanità. La vita di Gesù raggiunge in questo atto di donazione totale il suo compimento. In questo donarsi senza riserve, il desiderio di Dio è compiuto. Il Padre vuole che tutti siano salvi e in questo amore, che si dona senza riserve, vorrebbe che ciascuno si specchiasse e percorresse lo stesso cammino: il dono di se all’Altro. Ma i discepoli sono su un altro piano, molto distanti nei loro discorsi e nei loro atteggiamenti dal loro Signore. Discutono lungo il cammino per identificare chi è il più grande.
La logica della Croce e del dono gratuito non sono di facile comprensione. Come gli apostoli, anche noi fatichiamo ad assimilare e vivere questa logica. Essere costantemente proiettati verso l’altro, mettere gli interessi dell’altro prima dei nostri, fare spazio all’altro perché l’altro cresca e io diminuisca è contrario alla logica di questo mondo. Vivere questa “Chiesa in uscita” di cui parla Papa Francesco, partendo da noi, dalle nostre scelte, è vivere “in uscita” permanente da noi stessi per incontrare e donare la vita all’altro, cioè a Dio e in favore dei nostri fratelli.
Continuando la lettura del testo, la logica di Gesù si fa più chiara: il primo è il servo di tutti, il più grande è colui che accetta di occupare l’ultimo posto. Il servizio quindi è l’atteggiamento che ci rende più simili a Cristo. Più accettiamo di porci a servizio dei fratelli, più diveniamo simili a Lui. Ma quali fratelli e quali sorelle? Gesù non fa distinzione di persone ma privilegia coloro che vivono ai margini della società, preferisce “gli invisibili”, ossia coloro che non sono considerati come importanti per la società, coloro ai quali non sono riconosciuti i diritti fondamentali, coloro che sono sfruttati, esclusi e marginalizzati per la razza o per il colore della pelle.
Al tempo di Gesù, i “piccoli” erano coloro che non avevano alcun valore agli occhi della società. Oggi, chi sono i “piccoli” della nostra realtà, a cui vengono negati i diritti fondamentali? Sono gli “invisibili”, coloro che incrociamo ogni giorno e di cui spesso ignoriamo volutamente l’esistenza e la voce.
Sono proprio loro che Gesù pone al centro, accogliendoli con immenso amore e infinita pazienza. Sono loro che ci spingono a interrogarci su quanto siamo realmente inclusivi e accoglienti e se viviamo come veri discepoli missionari. Solo se, come Gesù, ci mettiamo al loro servizio, possiamo diventare testimoni e messaggeri di un Amore più grande, che dona la vita e accoglie senza distinzioni, riconoscendo tutti come Figli di uno stesso Padre.