Provato dal freddo e dalla fatica, Francesco Saverio si spegne all’alba del 3 dicembre 1552, a soli 46 anni, con il sogno ancora vivo nel cuore di portare il Vangelo in Cina. Nel giorno dedicato alla sua memoria, ripercorriamo i passi di una delle più grandi figure del 1500 e della storia della missione.
di Elena Conforto mmx*
Francesco nasce il 7 aprile 1506, ultimo di cinque figli (quattro uomini e una donna) nel castello di Javier, di proprietà della famiglia di Maria de Azpilcueta y Aznárez, sua madre. Il padre Juan de Jasso y Atondo, è giurista, dottore dell’Università di Bologna e presidente del Consiglio reale della corte di Navarra. Vive un’infanzia serena fino a quando nel 1512, re Ferdinando il Cattolico, annette la Navarra alla Spagna e il papà di Francesco cerca invano di convincere il Re ad accettare la neutralità della Navarra nella guerra contro la Francia.
La famiglia esce distrutta da queste lotte: i due figli maggiori in prigione, il padre morto, il castello distrutto. Francesco va a Parigi col desiderio di effettuarvi degli studi ecclesiastici che gli aprano la strada all’episcopato e contribuiscano al recupero dello “status sociale” perduto.
Proprio a Parigi conosce Ignazio di Loyola, suo nemico, alleato al regno di Castiglia contro i navarri, il quale aveva combattuto proprio a Pamplona. Questo incontro cambierà per sempre la vita di Francesco. Egli, grazie a Ignazio, si converte e ritrova il Cristo, di cui porta impressa nella memoria l’immagine familiare della cappella del castello di Javier: il crocefisso dal volto sereno che contemplava nella sua infanzia.
L’esperienza del Saverio si può riassumere nelle parole di San Paolo: “Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui …” (Fil 3,7 ss).
Il 24 giugno 1537 è ordinato sacerdote a Venezia mentre il 30 settembre dello stesso anno celebra la sua prima messa a Vicenza. L’anno successivo sosta a Bologna e poi raggiunge Ignazio a Roma, dove riceve la destinazione per le Indie. Nel 1540 parte per Lisbona, dove attende il momento opportuno per salpare con la flotta portoghese. Nei suoi viaggi missionari soggiorna in India e in Giappone.
Saverio non tiene un diario spirituale. Gli unici suoi scritti, giunti fino a noi, sono le 125 lettere scritte ai suoi compagni rimasti in Europa. La loro redazione è accompagnata da lacrime e sospiri. A Ignazio scrive in ginocchio. Il carteggio scambiato con lui è causa di forti emozioni: le sue risposte, molto attese, sono rare (meno di una all’anno), ma sufficienti per fargli sentire la sua presenza. Vorrebbe molto poterlo di rivedere prima di morire.
Nei suoi scritti manifesta la sua apertura ad altre culture, la volontà di imparare i nuovi idiomi per comunicare e annunciare il Vangelo: “Piacerà a Dio nostro Signore darci [il dono delle] lingue per poter parlare delle cose di Dio, perché allora daremo molto frutto con il suo aiuto, la sua grazia e il suo favore. … ora ci succede di essere come bambini e imparare la lingua, e piacesse a Dio che con semplicità e purezza di cuore li imitiamo” (Francesco Saverio ai confratelli in Goa, da Kagoshima nel 1549 e nel 1552).
Il Saverio racconta anche delle sue difficoltà, le delusioni e i timori: “Io sono arrivato dal Giappone con molte forze fisiche, ma nessuna forza spirituale … io sono già pieno di capelli bianchi, però, quanto a forze fisiche, mi sembra di non averne mai avute più di quelle che ho adesso” (Francesco Saverio ai compagni residenti in Europa, da Cochín, 29 gennaio 1552).
Più volte commenta del suo ardente desiderio di raggiungere la Cina: “Andiamo confidando molto in Dio nostro Signore, in che si manifesterà il suo nome in Cina. La vostra santa carità si preoccupi specialmente di raccomandarci a Dio, chi è in Giappone e noi che andiamo in Cina. Di quanto accadrà in Cina, a Dio piacendo, scriveremo in particolare, tanto di come fummo ricevuti come delle possibilità che ci sono di estendere la nostra santa fede.” (Francesco Saverio al padre Ignazio, da Goa nel 1552).
Nell’attesa di potervisi recare, Francesco sosta nell’isola di Sanciano, ma nel novembre del 1552 è colpito da una forte febbre. Accetta, senza lamentarsi, le cure di un medico che gli lascia anche un braccio offeso. Si spegne il 3 dicembre, con lo sguardo rivolto al crocefisso contemplato nei momenti di agonia alla luce fioca della candela. Al suo fianco resta fino alla fine Antonio, il cinese. Il suo sogno di arrivare in Cina viene realizzato da un altro gesuita, Matteo Ricci.
* Elena Conforto, mmx @Elena_Conforto
Missionaria di Maria-Saveriana