di Anna Moccia
Luvungi è un grande villaggio situato nella diocesi di Uvira, provincia del Sud-Kivu, ad est della Repubblica democratica del Congo, che si estende su un vasto territorio che dalla piana della Ruzizi giunge fino alle montagne. Qui i casi di contagio da coronavirus sono decisamente inferiori ma è in aumento il numero di persone che soffrono la fame.
«Anche da noi le frontiere, le chiese e le scuole sono state chiuse – racconta sr. Rosanna Bucci, missionaria di Maria – Saveriana che opera in Congo dal 1994 e che di periodi bui nel Paese ne ha attraversati molti, come le guerre del 1996 e del 1998 -. Le misure di isolamento sono state prolungate fino alla fine di maggio. Al momento il Covid-19 sembra aver colpito duramente solo Kinshasa, dove i contagiati hanno superato quota 1.000. A ogni modo, fin da subito abbiamo lavorato per la sensibilizzazione sulle misure preventive, attraverso la radio locale e gli animatori di comunità, che sono passati nei vari quartieri con i megafoni. La gente sta soffrendo per le conseguenze economiche di questo isolamento, a cui si è aggiunto il disagio dell’alluvione che ha interrotto in più punti l’unica strada nazionale che ci collega alla città di Uvira. Molte persone che vivevano del piccolo commercio con i Paesi limitrofi Burundi e Ruanda ora si trovano in difficoltà e i prezzi della merce sono aumentati».
Oltre alla pandemia di coronavirus il Paese è, infatti, alle prese con le piogge torrenziali che hanno causato ingenti problemi alla popolazione. Il 21 aprile le autorità locali hanno annunciato che almeno 46 persone sono morte nelle alluvionicausate dalle forti piogge a Uvira. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, circa 15mila case sono state distrutte. «Ci sono danni immensi a Uvira e nei villaggi circostanti – afferma la missionaria -. Molte persone sono disperse, le case sono state portate via dalla violenza dell’acqua, c’è fango ovunque, i ponti sono crollati, le strade rese inagibili e l’insicurezza è accresciuta. Le piogge abbondanti erano cominciate prima di Natale, poi ancora a febbraio e ad aprile. Qui a Luvungi non ci sono stati morti ma molte persone hanno perso la casa. Questo perché molte abitazioni sono costruite in mattoni di terra secca, la pioggia insistente fa cadere le fondamenta e pian piano i muri si sciolgono come dei biscotti nel caffellatte. Chi può rinforza le fondamenta con qualche pietra e un po’ di cemento. Un altro grande disagio è la strada. Dove prima si andava in macchina, ora per dei tratti si usa la moto e poi si attraversa in piroga».
Proprio a Luvungi si trova l’ospedale della diocesi, di cui sr. Rosanna è responsabile della gestione. «In ospedale abbiamo curato diversi bambini che erano rimasti sotto le macerie riportando traumi e fratture. Al di là dei servizi nei reparti di medicina e chirurgia, ci prendiamo cura di ammalati cronici, epilettici, persone con l’aids e tubercolotici. Poi abbiamo un centro nutrizionale per il recupero dei bambini malnutriti. Cerchiamo di stare vicini alla gente nella loro quotidianità, di metterci in ascolto dei loro bisogni e, per quanto è possibile, di sostenere i più poveri incoraggiando le loro capacità».
Anche l’epidemia di Ebola continua ad estendersi in Congo: nuovi casi sono stati identificati presso nella provincia del Nord Kivu mentre al momento sr. Rosanna afferma che “la provincia di Sud Kivu non sembra essere interessata dalla circolazione del virus, sebbene la diocesi abbia partecipato alle iniziative di sensibilizzazione della popolazione”. Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), le vittime nel Paese sono 2.279 morti e 3.462 i contagi (Bollettino settimanale 4-10 maggio 2020).
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