Siamo vicini alle celebrazioni del Santo Natale, la nascita di Gesù a Betlemme. Che casa avrà avuto la famiglia di Gesù dopo la sua nascita in una grotta, in periferia del villaggio? Forse non molto diversa dalle case di mattoni presenti in Congo. Il racconto di sr. Maria Rosa Venturelli*
Una delle prime cose che ho visto in Congo è stata la fornace di mattoni, il modo tipico della popolazione locale per cuocere i mattoni e costruire una casa che sia più stabile e duratura nel tempo.
La classica capanna si fa intrecciando dei pali o tronchi di legno a filiera in forma quadrata o rotonda, e poi ricoperti con argilla. Il tetto è di foglie, “speciali” e impermeabili all’acqua. Una casa così durerà un anno, al massimo due anni. Poi bisognerà cercare un altro luogo ove andare ad abitare e costruire una nuova capanna per sé e per la propria famiglia.
Invece con i mattoni, cotti o crudi, si può costruire una casetta a piano terra molto più stabile e di durata maggiore. Innanzitutto, si deve preparare la terra, poi formare i mattoni rettangolari con uno stampo (ove esiste). Innanzitutto, per costruire una buona fornace ce ne vogliono circa 40mila. I mattoni vengono messi tutti insieme, formando un grande rettangolo a forma quasi piramidale, ma lasciando degli spazi liberi per far entrare la legna da bruciare. Il fuoco deve divampare e cuocere i mattoni per circa 48 ore, senza che ci sia pioggia, altrimenti il procedimento andrà male e i mattoni si disferanno presto.
In Congo bisogna attendere la stagione giusta per avere due giorni consecutivi senza pioggia. Dopo la cottura, quando i mattoni saranno raffreddati, si potrà iniziare la costruzione della propria casetta. È veramente un grande spettacolo vedere una fornace di mattoni che brucia lentamente, cuocendo piano piano questi rettangoli di terra posti uno sull’altro!
Il processo di cottura dei mattoni può essere attribuito addirittura ai Sumeri, e poi si è esteso all’intera Mesopotamia. Un processo complesso e costoso, che fece divenire il mattone un materiale prezioso e simbolico. Esempi di questa cottura sono le fortificazioni della porta a Ishtar in Babilonia, nel VII secolo a.C.
In Italia la conoscenza del mattone arrivò tardi, in molte regioni arrivò solo intorno al I secolo a.C.; in alcune zone del Sud Italia si sono ritrovati dei mattoni con dei timbri greci, coloro che importarono questa tecnica nel nostro Paese. A Veio è stata ritrovata una fornace di fattura greca databile al 150 a.C., mentre a Pompei è stata scoperta la colonna a stella nella basilica, risalente al 120 a.C.
In Africa la costruzione delle case con mattoni è di epoca molto più recente.
Le capanne dei Pigmei in Congo, un popolo nomade e cacciatore, sono rotonde e molto piccole. La capanna serve solo per riposare la notte e spesso i piedi fuoriescono dalla piccola apertura-porta. La vita normale si svolge completamente all’aperto. Solo di sera, al buio, si entra nella mini capanna per riposare e dormire. Seguendo gli spostamenti della selvaggina, all’incirca ogni sei mesi lasciano l’accampamento e si trasferiscono altrove, spesso a molti chilometri di distanza. Sono raggruppati in piccoli nuclei familiari.
Data la grande mobilità dei Pigmei, è stato molto difficile poter inserire i bambini e i ragazzi nelle scuole normali. Si è iniziato a creare delle piccole scuole per loro per diversi mesi, con tanta fatica. Solo dopo molti tentativi falliti, si è riusciti a coinvolgere dei genitori a inviare i ragazzi a scuola. L’inserimento nella scuola normale avviene solo dopo la V elementare.
È stata una grande festa, quando il primo ragazzo di etnia pigmea ha potuto ottenere il diploma di terza media e successivamente anche quello delle scuole superiori!
* Sr. Maria Rosa Venturelli, missionaria comboniana. Ha lavorato per 12 anni in Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) e 10 anni in Polonia. Autrice di Terra e Missione
© RIPRODUZIONE RISERVATA