Storia dei Re Magi tra leggenda e realtà. Cosa rappresentano per noi? Dal Niger il racconto del missionario p. Mauro Armanino* sul quarto Re Magio diventa metafora dei drammi del nostro tempo e della tortuosa ricerca del senso della vita.
Lo attestano inesistenti Vangeli apocrifi mai ritrovati e proprio per questo la notizia è attendibile.
Il quarto Re sembra venisse dal Sahel e si è unito ai tre ben più famosi Re Magi tramite ben note piste carovaniere, attestate fin dall’antichità. Oro, incenso, mirra e… sabbia. I più sobri Vangeli canonici hanno evitato di prendere in considerazione l’ultimo dei Re in questione per ovvi motivi. L’oro per il re, l’incenso per la divinità e la mirra per indicare il tipo di morte che il messia avrebbe dovuto patire. Questi i doni simbolici che la lettura teologica del vangelo di Matteo propone ai suoi lettori. Come inserire dunque il quarto Re che come dono offre solo un po’ di sabbia appena colta, sarebbe stato un problema a dir poco insormontabile.
La soluzione più facile è stata quella di censurare il quarto Re, originario del Sahel, che si era permesso di offrire, senza prevenire, qualche manciata di sabbia. E così fu. Anche i presepi più aggiornati e contestualizzati non prendono in conto l’ultimo Re, censurato dalle versioni ufficiali, marginalizzato e infine espunto dalle cronache più autorevoli. La cosa non sorprende più di tanto perché la sabbia non ha mai goduto di particolare attenzione o favore da parte dei teologi, dei politici e neppure dei sindacalisti.
La storia del quarto Re Magio
Un Re che porta sabbia per migliaia di kilometri ad un altro Re, nudo e inerme come tutti i neonati, non fa buona figura. Persino sua madre, di natura sensibile e attenta ad ogni gesto nei confronti del figlio, non avrebbe saputo come interpretare il dono del Re originario del Sahel, zona di cui lei non aveva presumibilmente mai sentito nominare. Al massimo aveva avuto nozioni della regina di Saba che arrivava fino all’altro re, Salomone, le sembrava, con cammelli pieni di doni preziosi.
L’Etiopia non è il Sahel e tra la regina di Saba, ben più famosa, e l’ultimo dei re Magi, c’è un abisso che appunto la sabbia rappresenta con sconcertante evidenza. Della sabbia, apparentemente, c’è poco di cui essere fieri visto che nella società di quel tempo si badava molto alle apparenze del potere. Corone, troni, armate, censimenti, lotte intestine, vendette, conquiste di territori e soprattutto prestigio. Tutte cose queste che con la sabbia hanno poco o nulla da spartire. Fu così che quando il quarto Re, l’ultimo a presentare il suo dono, si affacciò sulla scena della natività, destò prima stupore, poi un sorriso di circostanza da parte degli altri Re e infine una sorta di censura da parte degli altri presenti. Il bimbo era troppo piccolo per capire e Giuseppe, il papà, dormiva.
La storia ufficiale, i presepi, i racconti tradizionali, le filastrocche e meno ancora i dipinti d’epoca, non hanno mai menzionato il quarto Re che aveva donato la sabbia al Messia atteso dalle genti per liberarle dal giogo dell’oppressione dei potenti. L’oro, l’incenso e financo la mirra, resina aromatica che ha virtù antisettiche, erano ben accette e in fondo rispondevano alle aspettative regali del bimbo appena nato. La sabbia no. Troppo umile, poco rappresentativa del potere inteso come dominazione, feriale e persino scomodante quando messa assieme al vento e generatrice di polvere. Inaccettabile, quasi offensiva o comunque inappropriata per la circostanza, visto il quadro classico presentato, senza prendere in considerazione gli angeli convocati per la circostanza.
Non si sarebbe saputo come e dove usarla, sarebbe stata di inciampo e poco degna per il momento così solenne che sarebbe stato tramandato nei secoli futuri. Suonerebbe proprio male, come non riconoscerlo, l’oro, l’incenso, la mirra e la sabbia. Una stonatura, una storpiatura, una sconnessione o semplicemente un clamoroso errore di valutazione. Un Re che si permette di viaggiare, di unirsi alla carovana di altri re più nobili di lui (che non era né astronomo nè sacerdote né illuminato ).
Si è permesso di portare e poi offrire all’altro Re, un po’ di sabbia fresca. Si potrebbe concludere che il nostro Re, censurato subito dalle cronache presenti e future, sia stato arrogante o comunque poco saggio a confronto degli altri Re che avrebbero goduto di imperitura fama. Il suo nobile gesto avrebbe potuto scomparire per sempre dalla storia senza nessuna menzione. Pallido ricordo dell’avvenimento rimane il suo racconto che nessuno ha finora creduto e soprattutto lei, la sabbia. Unico testimone autorevole e fedele di un Re che sarebbe stato tradito da tutti.
* La storia narrata è frutto di fantasia, invita il lettore a riflettere sui drammi del nostro tempo
P. Mauro Armanino, sma
* Mauro Armanino, missionario della Società delle Missioni Africane (SMA) originario di Casarza Ligure, che dal 2011 si trova a Niamey, capitale del Niger. Autore di Terra e Missione