Riflessione e condivisione missionaria del comboniano padre Giulio Albanese sull’enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”
di Anna Moccia
«Prima di andare “in periferia” (locus per eccellenza della Missione) ed essere a fianco dei poveri, occorre comprendere, con il cuore e con la mente, che la missione evangelizzatrice non può prescindere dalla fraternità. Essa rappresenta la condicio sine qua non per vivere la missione secondo lo spirito del Vangelo». Queste le parole che il missionario Comboniano Giulio Albanese dedica all’enciclica “Fratelli Tutti” nell’editoriale pubblicato sul sito del Segretariato generale della missione.
Una riflessione missionaria sul documento che Albanese definisce “una summa teologica sul Regno”: «L’enciclica di papa Bergoglio disvela in dissolvenza la teologia del Regno, andando oltre i confini della realtà ecclesiale e affermando i valori della pace, della giustizia, della condivisione, della solidarietà, della difesa dell’ambiente. Ma non in modo astratto! L’enciclica esige da parte di qualsivoglia lettore una decisa assunzione di responsabilità, sia sul piano individuale che collettivo, di fronte a nuove tendenze ed esigenze che si profilano nel quotidiano ma anche sulla scena internazionale. Bisogna pertanto passare dalle parole ai fatti».
Importante secondo il comboniano “è il risalto che papa Francesco dà ai leader religiosi e alle differenti tradizioni religiose, per promuovere un mondo più fraterno e per creare un’amicizia sociale che dovrebbe aiutarci a comprendere che siamo tutti sulla stessa barca. È evidente che questa enciclica è un antidoto contro i totalitarismi dilaganti, i biechi sovranismi, regionalismi e nazionalismi oggi molto di moda”.
Un indirizzo che trova il suo fondamento laddove il pontefice scrive: «Non posso ridurre la mia vita alla relazione con un piccolo gruppo e nemmeno alla mia famiglia, perché è impossibile capire me stesso senza un tessuto più ampio di relazioni: non solo quello attuale ma anche quello che mi precede e che è andato configurandomi nel corso della mia vita» (FT 89)
Nel testo padre Giulio definisce papa Francesco “uno straordinario leader spirituale”, ma anche “un grande politico, nell’accezione più nobile della parola, perché ha a cuore la Res publica dei popoli, il bene comune dell’umanità”. «Motivo per cui – ci dice – questo testo magistrale dovrebbe essere letto e studiato da credenti e non credenti, perché svela esplicitamente il disegno di Dio: fare dell’umanità un’intera ed unica famiglia».
Una fraternità, che sospinge verso la “comunione” con gli altri, ricorda Giulio Albanese, sottolineando il legame con quanto l’episcopato italiano aveva già affermato negli anni ‘80: «La missione non è opera di navigatori solitari: la comunione è la prima forma della missione».
«È la stessa etimologia della parola italiana “comunione” – spiega – che ci aiuta a comprendere il legame di questo vocabolo con la missione evangelizzatrice. Comunione deriva dal latino commune; si tratta di un vocabolo composto dal prefisso cum e da un derivato di munus (incarico, compito, missione…) per cui commune vuol dire letteralmente «che svolge il suo compito insieme con altri», dichiara il comboniano, che prosegue l’editoriale, soffermandosi a riflettere sulla “cattolicità” dei missionari: «Non c’è nessun battezzato che possa ritenersi estraneo al compito di evangelizzare: è questa la cattolicità del soggetto missionario e dunque la dimensione comunionale della sua vocazione.
Per leggere il testo integrale: Pensieri sparsi sull’enciclica “Fratelli tutti”