Il commento del missionario barnabita Giovanni Scalese a seguito del devastante terremoto che ha colpito il sud est dell’Afghanistan. Più di mille morti e aiuti impossibili.
di Redazione
«Ad agosto scorso, quando i Talebani hanno preso il potere, siamo andati via tutti, usando il canale del ponte aereo offertoci. Ma adesso che il popolo afghano ha urgente bisogno d’aiuto per via del devastante terremoto ad Est, che secondo fonti di Al Jazeera avrebbe già provocato 1500 morti, non c’è nessuno a soccorrerli». Così dice al Sir e a Popoli e Missione il missionario barnabita padre Giovanni Scalese dopo il devastante terremoto che mercoledì ha colpito il Paese. Sono stati confermati oltre 1.000 morti e molti altri feriti. La devastazione è stata aggravata dal fatto che le persone dormivano in case di fango in una delle regioni più remote dell’Afghanistan.
Il relisioso parla da Milano, ma fino al 26 agosto scorso è stato responsabile della Missio sui iuris in Afghanistan. Con molto rammarico spiega di aver “letto il tweet dell’ambasciata italiana in Afghanistan, che però è stata riaperta in Qatar e dunque non è più da tempo attiva sul territorio”. Sempre nel tweet si esprime vicinanza al Paese “e si promettono aiuti”. «Ma come? – afferma il missionario – Come facciamo ad aiutare se non ci siamo?».
Secondo il padre Barnabita, «dire che l’Italia si attiverà in collaborazione con tutti gli altri Paesi nel concreto» non vuol dire molto. Ad agosto scorso, ricorda, «c’erano le suore con i ragazzi disabili da portare in salvo: io ero protetto ma le suore vivevano in città e non erano davvero al sicuro; abbiamo quindi approfittato del ponte aereo per metterle in salvo». Da allora padre Scalese ha cercato ripetutamente di tornare in Afghanistan ma non c’è più riuscito.
L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, ha inviato tonnellate di aiuti umanitari e personale esperto per sostenere gli sforzi di soccorso nelle zone sud-orientali. Le forniture di soccorso consegnate provengono dalle scorte dell’UNHCR a Kabul e sono state caricate su nove camion giovedì. Serviranno a sostenere circa 4.200 sopravvissuti nei distretti di Giyan, Bermal, Zerok e Nika nella provincia di Paktika e nel distretto di Spera nella provincia di Khost, dove sono state registrate centinaia di vittime e migliaia di case sono andate distrutte o sono state danneggiate.
Le autorità provvisorie dell’Afghanistan riferiscono che la maggior parte delle operazioni di ricerca e soccorso sono state completate già mercoledì sera, ma a causa della lontananza delle aree colpite e delle ulteriori valutazioni in corso, il numero delle vittime e la stima dei danni potrebbero aumentare.
Secondo l’UNHCR “è necessario maggior sostegno per evitare un’ulteriore catastrofe umanitaria nelle aree colpite”.